284 Slovenia Caporetto Kobarid


Caporetto
Caporetto © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

Caporetto, Kobarid

di: Salvatore Stringari e Paola Gardin

Scheda Tecnica Riassuntiva

Data: 02-11-2017

Città: Caporetto, Kobarid
Provincia: Caporetto Kobarid
Regione: Slovenia
Lingua parlata: Sloveno e anche Italiano
Copertura cellulare:
Parcheggio/i: sì, a pagamento- gratuito al piazzale del Cimitero
Partecipanti: Paola e Salvatore

Caporetto

Sono stati scritti migliaia di libri su Caporetto questo post vuole solamente essere un promemoria per visitare questo luogo. Dopo la gradita cena slovena e la sosta notturna a Gorizia, il 2 novembre ci dirigiamo verso Caporetto, in sloveno Kobarid, dove troviamo posto per il camper solo fuori dal centro, nel parcheggio del cimitero urbano.
Anche qui non amano i camperisti.

L’escursione in dettaglio:

Per prima cosa visitiamo il Museo, un video e tutto l’allestimento descrivono i terribili due anni e mezzo di combattimenti statici e in particolare la 12^ battaglia sul fronte Isontino. La visita è coinvolgente, gli oggetti, i rilievi del territorio e dei monti, le fotografie, i documenti arricchiti dalle testimonianze di soldati a noi sconosciuti o di personalità famose tra cui Hemingway e Rommel, rievocano con forza la storia di quei lunghi anni difficili e sanguinosi. E’ possibile prenotare visite guidate (in sei lingue!) sui luoghi teatro della Grande Guerra che abbondano nei dintorni e che abbiamo intenzione di visitare in futuro. Caporetto è situato nella Slovenia occidentale, vicino al confine con l’Italia.
Oggi è un piccolo grazioso paese, la sua posizione strategica nell’alta valle dell’Isonzo lo ha reso famoso per la battaglia che si combatté tra il 24 ottobre e il 27 novembre 1917 tra le truppe italiane e quelle austriache. Per l’Italia è sinonimo di disfatta, della rotta delle truppe italiane allo sbando che si ritirarono fino al fiume Piave, prive di ordini.
Durante il Fascismo faceva parte del Regno d’Italia, passò poi alla Jugoslavia e quindi alla Slovenia. Usciti, veniamo investiti da un vento freddo e ci rintaniamo in un bar dove ci rifocilliamo con toast e birra. Dopo la pausa ci siamo recati al Sacrario di Sant’Antonio, costruito su un colle, in cui sono sepolti i resti di 7014 soldati italiani, molti dei quali ignoti, l’Ossario è sotto la giurisdizione italiana. La giornata è fredda e nuvolosa, scendiamo verso il paese, e ci imbattiamo in una risorgiva, scopriamo si tratta del ripristino di un luogo con proprietà energetiche, sacro agli antichi abitanti del luogo che veneravano le acque e l’albero di Tiglio. Purtroppo questa usanza druida era rimasta vitale solo in pochi posti isolati, nel resto del territorio gli sloveni erano cristiani già da cinque secoli e facevano parte del Patriarcato di Aquileia, che non poteva certo tollerare gli idolatri. Nell’agosto del 1331 venne organizzata una bella crociata, inquisitore e cristiani arrivarono in armi contro i pagani, tapparono la sorgente e sradicarono l’albero. Amen. Anche se oramai si avvicina la sera andiamo fino al ponte sull’Isonzo, detto di Napoleone non perché il condottiero lo fece costruire, ma semplicemente perché ci passò con le sue truppe. Nonostante la poca luce l’acqua del fiume Isonzo, Soča in sloveno, è di un colore incredibile, è uno dei più bei fiumi d’Europa e conserva il suo colore verde smeraldo per tutto il suo percorso, 136 km dalla sorgente slovena alla foce nell’Adriatico. Qui l’ambiente è di forra, l’acqua scava catini e scorre libera, prima di subire gli sbarramenti delle numerose dighe poste lungo il suo corso. Ritorniamo al camper e facciamo rotta verso Gorizia, dove ci fermiamo per la notte nell’area sosta: è quasi al completo ma abbastanza tranquilla e dopo la cena, a nanna presto, domani abbiamo in programma un’escursione.

Alcune note prese da Wikipedia: Il fiume Isonzo è chiamato Lusinç in friulano standard, Isuns, Lisuns, Lusinz, Lusins nelle varianti friulane locali, Soča in sloveno, Lisonz in bisiaco, Sontig in tedesco (desueto) e Aesontium o forse Sontium in latino. Vi lascio anche questa leggenda de “I tre fradei” I tre fratelli, fiaba popolare che descrive l’origine di tre fiumi conosciuti in Friuli Venezia Giulia. Come tante leggende la fantasia si mescola con la realtà, confondendo in effetti le sorgenti dei fiumi, che in questa leggenda sembrano avere origine dallo stesso monte. “All’inizio dei secoli l’Isonzo, la Drava e la Sava erano tre fratelli che vivevano su un monte altissimo. Un giorno fecero una scommessa su chi fosse arrivato per primo al mare. Il Dio si raccomandò che fossero onesti nella scommessa, come si conviene tra fratelli, e regalò alla Drava un piccone, alla Sava un’ascia e all’Isonzo delle scarpe ferrate per compiere l’impresa. La partenza era stabilita per l’alba. La Drava però partì durante la notte, rompendo i massi che le bloccavano la strada con il piccone. La Sava, sentendo il rumore si svegliò ed inseguì la sorella tagliando i larici ed i pini con l’ascia, mentre l’Isonzo dormiva. All’alba l’Isonzo si svegliò e vide che le sorelle erano già partite. Furioso per l’imbroglio cominciò a tirare calci ai massi e alle rocce con le sue scarpe chiodate. A mezzogiorno, con le scarpe consumate, arrivò in pianura. Stanco per l’impresa si stese e lentamente arrivò fino al mare. Allora sentì il Padreterno che gli diceva di averlo aiutato perché era stato onesto.
Le due sorelle invece, per la fretta di arrivare prime non giunsero al mare, ma sbagliarono strada andando a gettarsi in un fiume più grande.”

Autore/i: Salvatore Stringari e Paola Gardin
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E voi ci siete stati? Mi lasciate un commento?
Correzione testo di Paola G.
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