
Solferino
oggi vado a ravanare, non seguitemi
di: Paola Marini Gardin
Scheda Tecnica Riassuntiva
Data: 10-06-2021
Cima: nessuna
Gruppo Montuoso: Monte S. Mauro Vette Feltrine
Cartina: Tabacco foglio 023 Alpi Feltrine – le Vette – Cimonega
Segnavia: pochi o assenti sentieri non censiti dal CAI
Tipologia sentiero difficoltà*: Sentiero Escursionistico (per Esperti) (E) Sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro – silvo – pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli vicine (nella scala di difficoltà C.A.I. è classificato E – itinerario escursionistico privo di difficoltà tecniche).
Quota partenza: 490 m.s.l.m
Quota da raggiungere: 950 m.s.l.m
Dislivello: m. 460 m.
Tempi di percorrenza*: 2-3-ore
Difficoltà*: occorre un buon orientamento (meglio chiedere informazioni ai paesani) Sentieri non segnati e non censiti dal CAI Tracce e sentieri in disuso, mulattiere da affrontare con buon senso di orientamento e bussola.
Giro: Anello
Punti di appoggio: Casera Salina
Acqua, sorgenti: fontana a Lasen
Località: Lasen, Feltre
Copertura cellulare: sì
Parcheggio/i: sì, pochi posti a lato strada
Tappe del percorso: Chiesa di San Martino (Vignui)-Lasen-Solferino-Casera Salina- Louna- Lasen-Chiesa di San Martino
Partecipanti: Paola
Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.
L’escursione in dettaglio:
L’idea per questa escursione è nata quattro giorni fa, quando di ritorno dalla Valle di San Martino (descrizione n. 613 in questo blog), guardando il Monte San Mauro, avevamo notato una grande costruzione bianca sulla cima di un colle boscoso. Un passante ci dice che è la Chiesa di San Mauro, omonima di quella che già conosciamo, che sorge sopra la Val Scura, sul versante est del monte. Questa invece è posta a sud e domina il paese di Lasen. Perplessi e incuriositi, la proponiamo come una meta futuribile.
Oggi i miei amici sono impegnati, per cui parto per un’escursione-avventura solitaria, voglio raggiungere la grande costruzione in cima al colle e quando mi metto in testa una cosa…
Questa volta, invece di parcheggiare a Vignui, percorro in auto la strettissima sterrata-segnavia 803-812 e lascio l’auto appena dopo la Chiesetta di San Martino, a lato strada. Mi incammino, ricalcando il percorso fatto l’altra volta, inoltrandomi nella Valle di San Martino (una volta Val Grava) fino alla prima passerella sul torrente Stien. Invece di proseguire a sinistra sulla mulattiera, vado a destra passando il ponticello di legno seguendo il “Sentiero delle Chiesette Pedemontane” che porta a Lasen.

La giornata è ben soleggiata, il panorama verso le Vette Feltrine e il Monte San Mauro è nitido, la passeggiata è facile e piacevole, anche se caldo e umidità si fanno sentire. Parte del percorso corre in mezzo al bosco, parte attraverso i prati dove sorgono le casere, una è stata restaurata ad opera degli alpini e porta la targa “A ricordo di Camillo Bonsembiante, Feltre 14-6-1877- Flossemburg 16-2-1945”.
Poi il bosco cede il posto definitivamente ai prati, passo Casera “Le Buse” con le pecore chiuse in un recinto che, secondo me che non me ne intendo, anche Lupo Alberto riuscirebbe a varcare. Perdo un bel po’ di tempo su un pendio ripido, ricoperto di fragole selvatiche grosse come i miei polpastrelli, raramente ho gustato fragoline così buone e dolci. Mi avvicino lentamente a Lasen, scorgo il campanile in mezzo alle case, vale la pena di guardarmi intorno, ammirare i campi, il bel panorama verso il Monte Tomatico e fare amicizia con due tipi simpatici, un asinello e un caprone, che rifornisco di freschi rametti di nocciolo: li gradiscono molto, ma a questo punto anche gli agnelli reclamano la loro merenda…
La piccola frazione di Lasen è una sorpresa, ci sono alcune bellissime vecchie abitazioni ben restaurate, abbellite da fiori, in giro però non c’è nessuno a cui chiedere lumi. Imbocco un viottolo in mezzo alle case, protetto da muretti a secco, e raggiungo uno slargo dal nome poco rassicurante “Piazza Val dei Mort” con una fontana e una grande vasca, da qui si dipartono diverse strade, Via Antreperre, via Canai, via Rodoloi… Vedo che il percorso delle “Chiesette Pedemontane” porta l’indicazione della Chiesa di San Mauro in val Scura e va verso est, questo mi suggerisce che il grande edificio sopra Lasen che voglio raggiungere non sia affatto una chiesa, come ci era stato detto, ma una casa. Non sapendo il nome del posto che voglio raggiungere, la cartina non mi serve a molto.

Proseguo a naso, scegliendo via Rodoloi che secondo me va nella direzione giusta, verso ovest. Non ci sono indicazioni, vedo un sentiero alla mia destra (con fragole) e salgo di lì, dopo un po’ diventa impraticabile e taglio salendo un po’ di qua, un po’ di là per il bosco, sbucando più in alto sulla strada. Arrivo a un bivio e continuo per la strada che va a ovest, in qualche punto dovrò ben puntare verso l’alto, infatti vedo un sentiero che si diparte dalla strada, vicino a un’abitazione, che sale diritto nel bosco. Raggiungo la casa e chiedo informazioni: “No, questa strada non porta a Solferino (finalmente so il nome della mia meta), ma a Rodoloi, dovevo prendere l’altra strada al bivio, quella che sale verso est e poi piega a ovest…” Ma io mi intestardisco: “E questo sentiero che sale diritto?”.
Il sentiero porta a Solferino, ma non sanno in che condizioni sia, è abbandonato da tempo. Neanche qui la cartina mi aiuta, i sentieri tratteggiati sono un indice troppo vago.
Ormai sono in ballo e voglio ballare, prendo il sentiero pieno di rovi e poi mi immergo nel bosco, la mia bussola interna mi dice ”punta a nord, Solferino è qui sopra”.
La traccia c’è, ci sono anche pezzi di muretto a secco, ma è spesso impraticabile e devo lasciarla per poi riprenderla più in alto. Tanto in su devo andare.
Cerco una via possibile, tra ramaglie e schianti, poi trovo una sequenza di terrazzamenti sommersi dal bosco e li supero su diritta, arrampicando negli squarci dei muretti. Penso che se ci sono ex- campi terrazzati in cima ci sarà anche una casera, infatti trovo diversi ruderi, ormai sopraffatti dalla vegetazione. Le casere di solito sono collegate, così seguo una traccia che da qui va verso l’alto e alla fine sbuco su una sterrata, è un piacere proseguire su un percorso agevole, anche se non sono sicura che mi porterà a Solferino. Ma presto entro nel bosco di abeti che avevo visualizzato da Vignui e comincio a sperare sia la via giusta, faccio una svolta e quasi non ci credo, la grande casa è proprio davanti a me.
“Solferino m. 925” recita l’incisione su una trave: quota modesta raggiunta dopo una sudatissima sfacchinata.

L’edificio è davvero grande, chissà quante famiglie avranno vissuto qui. Mi merito una pausa, il panorama verso sud è proprio bello, le Prealpi all’orizzonte e tutta la pianura Feltrina disseminata di paesini. La casa è circondata da un prato con l’erba alta, assediato dal bosco, nel retro il terreno scende e c’è un pozzo chiuso, mi domando se l’acqua sarà stata sulfurea, altrimenti come si spiega il toponimo Solferino, il nome mi incuriosisce molto. E’ possibile che il fondatore abbia partecipato alla Battaglia di Solferino, anno 1859?
Continuo a stupirmi per la grandezza della casa, sono sola e mi sistemo vicino allo steccato per bere e cambiare la canottiera fradicia, un suono di campanella mi fa voltare, che ci sia una capra vagante? Non vedo nessun quadrupede, ma il suono argentino si ripete e viene dall’alto: alla fine vedo che nella finestrella in alto, un oblò, è appesa una campanella che il vento agita e fa scampanellare.
Il rientro
Dal prato sul retro partono altri sentieri, uno scende verso la Val di San Martino, un altro prosegue in costa, sul lato nord-ovest del Monte San Mauro, dove secondo la cartina è segnalata località Pustern (posterno= a settentrione). Ci andrò la prossima volta. Mi pare di riconoscere in lontananza le “Pale dei Rondoi”, ma non sono segnate sulla Tabacco.
Sul davanti dell’edificio una mulattiera (oltre a quella che mi ha portato qui) scende in direzione est, una traccia invece sale tra gli arbusti. Dopo la breve pausa devo decidere cosa fare e prendo la traccia in salita. Il sentiero si rivela più sgombro e piacevole di quelli fatti prima, arrivo a un piccolo pianoro e a Casera Salina, m. 950 (non segnata sulla Tabacco). Finalmente pausa pranzo.

Piccola, accogliente, un ricovero mignon con caminetto, stufa, tavola e stoviglie, tutto sembra non essere usato da tempo. Vicino vedo una di quelle torrette usate dai cacciatori, mi auguro sia un punto di osservazione avifauna… Da qui un sentierino scende ripido nel bosco, lo imbocco per il rientro e scendo di qualche metro, passando vicino a un albero enorme, ma a questo punto il mio cervello mi segnala di aver registrato una labile traccia che dalla casera corre parallela verso est, torno indietro, tentata dall’avventura (ormai la cartina Tabacco riposa nel sacco) e imbocco la traccia che taglia i prati e poi si immerge nel bosco, dove trovo un altro sentiero in discesa. Dove mi porterà di preciso non lo so, ma tanto devo scendere. Una scelta casuale, ma fortunata che mi guida verso un incontro sorprendente. Il pendio è ripido, il bosco di faggi è bello e lascia passare i raggi del sole, c’è qualcosa di grosso che si muove sul sentiero, una decina di metri più in basso. Due corna ramificate, un cervo che bruca tranquillamente i rami di un faggio caduto. Mi avvicino pian piano, resto a contemplarlo almeno cinque minuti. Appena mi muovo per fargli un paio di foto, scatta e si dilegua nel bosco. Continuo a scendere, sentendomi felice e fortunata. Il sentiero incrocia una stradina asfaltata e un paio di casere che sembrano in abbandono, su una leggo la targa: “21-12-1975 qui giunse POLLA GIANCARLO con Fiat FL 8 aprendo questa strada e a merito di tutti i contribuenti GIUSUE’ MINIATI pose”. Mi tolgo il berretto per rispetto all’’impresa e scendo per la stradina fortemente voluta (e pagata) dai contribuenti, lungo il percorso, altre casere. Giungo a un incrocio un cartello indica “Solferino” nella direzione da cui provengo, così capisco che QUESTA è la strada che mi avrebbe portato senza intoppi alla mia meta. L’altro cartello riporta “Aona” e mi ricordo che sulla cartina era segnato un “Làuna” m. 823, forse sono la stessa frazione, così vado a vedere, purtroppo il percorso è in salita. Salgo brevemente, le casere qui sono molto ben tenute, come i prati che le attorniano. Ritorno all’incrocio e stavolta scendo, rallentata solo dalla raccolta di fragole lungo le scarpate, dal panorama e dalla vista di belle casere. Alla fine ritorno in via Rodoloi e torno a Lasen, Piazza Val dei Mort. Invece di rifare il percorso di andata, vado verso la chiesa e scendo per “Via Campagne” e poi prendo una sterrata sotto il paese che si inoltra nei prati giungendo a una casa coloniale, con un grande recinto pieno di pecore. La strada finisce tra la casa e il fienile, ma avevo visto sulla cartina che una traccia prosegue nel bosco, guada il torrente Stien e sale dall’altra parte. A due metri dalla traccia, un cane alla catena (lunga una decina di metri) salta fuori dal fienile e mi sbarra il passo. Accidenti, lui fa il suo lavoro, è solo e fa la guardia alle pecore abbaiando come un forsennato. Inutile discutere con lui, ma non ho nessuna voglia di risalire in paese. Devio per il prato, rasento il recinto quatta quatta, ma non ho calcolato che tutte le pecore mi vengano incontro belando, così il cane mi avvista e abbaia. Dò rametti da mangiare alle pecore, fingo di brucare erba mangiando fragole e il cane, che potrebbe benissimo raggiungermi, smette di considerarmi un pericolo. Mi imbuco nella boscaglia prima che ci ripensi, seguo a naso tracce di ungulati risalendo il torrente Stien, trovo un altro casotto di cacciatori e una carcassa di animale, quando non riesco a proseguire perché c’è una frana guado il torrente “alla Giuliano Dal Mas” (nell’acqua, tanto in auto ho scarpe di ricambio) e raggiunta l’altra riva salgo per traccia riuscendo a beccare la stradina che mi riporta alla Chiesa di San Martino e alla mia auto.
Mi dispiace di non aver fatto foto di quest’ultimo pezzo, ma ero troppo infrascata. Sono fiera di me, istinto e senso dell’orientamento sono perfettamente sincronizzati, anche non conoscendolo, ho “letto” il territorio e diciamolo, mi è andata dritta di culo.
Nota: Solferino è un comune italiano in provincia di Mantova, conosciuto per la battaglia del 24 giugno 1859 combattuta fra l’esercito austriaco-veneto e quello franco-sardo, che concluse la seconda guerra d’indipendenza.
L’ origine del nome deriva dall’aggettivo medievale “sulphurinus”, che indica un corso d’acqua solforoso. Chissà che relazione esiste tra il Solferino mantovano e il Solferino di Lasen.
Sentieri non segnati e non censiti dal CAI Tracce e sentieri in disuso, mulattiere da affrontare con buon senso di orientamento e bussola.
Autore/i: Paola Marini Gardin
E voi ci siete stati? Mi lasciate un commento qui sotto?
Pubblicato da Salvatore Stringari
© Copyright By Paola Marini Gardin. | La Traccia, Escursioni e Viaggi
Paola sei una esploratrice eccezionale, non ti ferma niente, non hai paura di niente! Ti amiro davvero tanto!!! 🙂
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Vittynablog, sono una fifona, ma anche molto testarda e curiosa. Ogni tanto ho una giornata fortunata in cui mi sento benissimo, e vado. In genere preferisco andare in compagnia, è più prudente, ma da soli si può andare dove e come si vuole, senza aver paura di far rischiare gli altri. Grazie per il tuo interesse, spero di conoscerti, prima o poi. Paola
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Paola, piacerebbe tanto anche a me!!! Ma io si che sono fifona, altro che te!!! 🙂
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Stupenda esplorazione accompagnata da bellissime foto!
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Saliti a Solferino per il percorso “normale”, la sterrata che hai scoperto al ritorno; su questa l’indicazione per “Solferino” è a poche centinaia di metri dall’arrivo in cima. Questa (non porre cartelli indicatori alla partenza in paese) è un’idea molto intelligente: obbliga infatti a parlare con la gente di Lasen per chiedere informazioni, dal momento che c’è davvero un labirinto di stradine sopra il paese; in una precedente escursione eravamo infatti finiti in un altro posto. Lungo la sterrata un ammaliante profumo di ciclamini, che molto abbondanti coprono i lati della stradina.Vale la pena tornarci ora, per gustare la vista dei tappeto di ciclamini e sentire il loro profumo, che verso sera è davvero intenso. Complimenti a Paola per la salita sui sentieri impervi e abbandonati
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Ezio, sono contenta che tu sia arrivato a Solferino per la strada “normale”, mi sentivo un po’ in colpa per aver dato informazioni su percorsi non segnati. E’ un caso che io quel giorno a Lasen non abbia trovato nessun paesano a cui chiedere informazioni, però se avessi seguito la strada, niente avventura…
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