
Val Fagarè (Sentiero Acquedotto)
di: Paola Marini Gardin (con la partecipazione di Salvatore)
Scheda Tecnica Riassuntiva
Data: 31-10-2021
Cima: nessuna cima raggiunta
Gruppo Montuoso: Monti del Sole
Cartina: Tabacco foglio 024 Prealpi e Dolomiti Bellunesi
Segnavia: assenti tracce qualche bollo rosso
Tipologia sentiero e difficoltà*: Sentiero Alpinistico
(E.E.) – o sentiero Escursionistico per Esperti (E.E) Sentiero che si sviluppa in zone impervie e con passaggi che richiedono all’escursionista una buona conoscenza della montagna, tecnica di base e un equipaggiamento adeguato. Corrisponde generalmente a un itinerario di traversata nella montagna medio alta e può presentare dei tratti attrezzati.
Quota partenza: 412 m.s.l.m
Quota da raggiungere: 650 m.s.l.m
Dislivello: m. 250 circa
Tempi di percorrenza*: in giornata
Giro: anello
Punti di appoggio: nessuno
Acqua, sorgenti: no
Località: San Gottardo
Copertura cellulare: sì
Parcheggio/i: sì
Tappe del percorso: San Gottardo, Salet, Via degli Ospizi, Val Montareze, bivio non segnalato, Val Fagarè destra idrografica, ritorno Val Fagarè sinistra idrografica bivio Via degli Ospizi, Val Montareze, Salet, San Gottardo
Partecipanti: Giuliano, Lucia, Ornella, Paola Z., Salvatore, Silvano e la sottoscritta.
Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.
L’escursione in dettaglio:
ATTENZIONE: l’itinerario descritto non è segnato C.A.I e sono assenti indicazioni in loco, tranne alcuni ometti e bolli rossi la cengia è stata recentemente sistemata ma è percorribile a proprio rischio ed è assolutamente indispensabile conoscere questo itinerario per percorrerlo in sicurezza e per fare il giro ad anello che si svolge su tracce e cenge a strapiombo a tratti non assicurate da cavi o corrimano. (Avviso riportato anche in fondo all’articolo)
“La Val Fagarè nei Monti del Sole altro non è che la parte terminale del Valòn de le Coraie. Essa sfocia nel Cordevole all’altezza de La Stanga. In alto la valle, sbarrata dalle rocce delle Stornade, del Camìn, dei Ferùch, del Bus del Diàol e delle Coraie, è quanto di più selvaggio, più aspro vi sia in natura. Ricca di banche, di cenge, di viaz su entrambi i versanti”.
Dopo aver letto questa frase e la successiva descrizione degli arditi percorsi in questa valle nel libro “La montagna dietro l’angolo” di Giuliano Dal Mas, è impossibile frenare il desiderio di esplorare questo angolo dei Monti del Sole.
“i Salet”
L’occasione arriva oggi, una bella e inaspettata domenica graziata dal sole e ultimo giorno del mese di ottobre.
Il punto di ritrovo è San Gottardo, frazione di Sospirolo, m. 412, dove parcheggiamo vicino alla Chiesetta dedicata al Santo, costruita verso il 1500 sui ruderi più antichi di un edificio sacro dedicato a San Marco, accanto si trova l’ospizio che anticamente accoglieva i pellegrini. Il piccolo borgo è posto su un’altura all’imbocco della Valle del Cordevole e si trova su un’antica via di transito, la Via degli Ospizi, un percorso molto vario di circa venti chilometri, che va dalla vicina Certosa di Vedana alla Valle Imperina, poco prima di Agordo, passando per altri ospizi. Siamo in sette, come i nani, per guida abbiamo niente meno che Giuliano Dal Mas, che conosce e ama gli impervi Monti del Sole, grazie a lui scopriremo questa valle incredibile, nascosta sulla destra orografica del torrente Cordevole. Da San Gottardo scendiamo leggermente per la stradina asfaltata verso il Cordevole, passiamo la sbarra e proseguiamo sulla sterrata che ci porta a Salèt, m. 426, dove i Carabinieri del Corpo Forestale dello Stato gestiscono un allevamento di cavalli. Superiamo gli edifici, un cancello di legno e i recinti con i bellissimi animali al pascolo proseguendo sulla stradina, questa prima parte della Via degli Ospizi è un’incantevole passeggiata in mezzo alla grande distesa dei verdi prati di Salèt, da dove contempliamo la magnifica vista sul Monte Coro e sulle altre cime. Purtroppo la tempesta Vaia del 2018 ha completamente sradicato il bellissimo viale alberato che caratterizzava questo pacifico luogo, ma vediamo che sono stati impiantati nuovi alberelli ai lati della stradina. Ci avviciniamo al torrente, dopo una curva accentuata presso una casa diroccata, al Sass de la Volta m. 410, passiamo un altro cancello, la stradina si inoltra nel bosco e termina sul greto del Cordevole, all’altezza dell’Ospizio di Candaten, l’unico che si trovi sull’altra riva del torrente.
La Val Fagarè

Il percorso “ufficiale” per la Val Fagarè, descritto nel libri di Dal Mas, comincerebbe proprio da lì, con il guado del Cordevole, ma fine ottobre non è la stagione ideale per sguazzare nell’acqua. Saliamo a sinistra per il sentiero che prosegue fino allo sbocco della Val de le Montareze, fin qui abbiamo impiegato circa un’ora, facciamo una breve deviazione inoltrandoci nella piccola forra lungo il Sentiero Naturalistico Zanardo, passando i ponticelli di legno e le passerelle che dopo averci guidato fino alla bella cascata del Ru de le Montareze ci riportano indietro con un percorso ad anello. Riprendiamo la nostra Via degli Ospizi che sale leggermente, ma al bivio senza segnalazioni, a parte un ometto di sassi, la lasciamo per prendere a sinistra la traccia che sale al Col dei Porz. Non è questo però il nostro obbiettivo, a circa 500 metri di quota raggiunto un traliccio proseguiamo diritti, trascurando altre tracce. Senza una guida esperta, non è facile orientarsi e trovare la via giusta. Alla nostra destra scorre in basso il Cordevole, sopra si elevano i monti, riconosciamo la Pala Alta che spunta sopra Cima Soracase, la verticale parete del Burèl, il Monte Coro. Il tempo per le foto ce lo prendiamo, ma dobbiamo continuare a salire per questo tratto veramente ripido, che ci porta a picco sulla profonda gola della Val Fagarè. Il colpo d’occhio è incredibile, il sentiero corre in cengia, scavato sotto rocce sporgenti, sopra l’orrido della forra che si apre sotto i nostri piedi. Un passamano ci rassicura, siamo sul viàz che segue le opere dell’acquedotto costruito nel 1971 e che si mantiene a circa 630-650 metri di quota, sopra il baratro della Val Fagarè.

Procediamo in fila, con la roccia aggettante alla nostra sinistra e il corrimano alla destra, lasciandoci alle spalle la vista dello sbocco della valle dove scorre il Cordevole; un’ ultimo sguardo alle cime, all’imponente parete del Burel con a fianco Forcella Odèrz, poi gli occhi sono puntati sul percorso (vietato scivolare, l’esposizione è di circa 200 metri) e sul fondo della gola, dove le cascatelle formano splendidi catini d’acqua verde smeraldo. La cengia è esposta, ma non difficile, a volte abbiamo a fianco, sulla destra, i tubi dell’acquedotto, spesso ammaccati da grosse pietre cascate dall’alto. Siamo ammirati nel vedere le opere realizzate 50 anni fa in questi ambienti selvaggi, una lapide sulla parete rocciosa ci ricorda il prezzo pagato per la loro esecuzione dal caposquadra Andrea Fratta, morto il 13 dicembre 1971 in questo luogo.
Nella lapide la valle è chiamata erroneamente Val Fogarè, (denominazione riportata anche nelle cartine) e non Fagarè, nome che deriva da faggio, Faghèr in dialetto.
La rassicurante parete finisce e proseguiamo su un versante boscoso sempre in cengia, in parte protetti dai tubi, in parte dalla vegetazione, fino a passare in lieve discesa una piccola gola rocciosa che l’acquedotto supera con un viadotto sospeso. Andiamo avanti, risalendo per la cengia incisa a mezzo delle alte pareti che precipitano nel fondovalle e finalmente arriviamo nel punto più stretto della gola, sbarrata da una griglia in cemento, dove il ruscello forma una piccola cascata.

Ci fermiamo sul greto del torrente, ormai è quasi mezzogiorno, ora di consumare il nostro pranzo al sacco senza perdere troppo tempo: le giornate sono corte e siamo solo a metà del percorso. L’ambiente è selvaggio, solitario, l’acqua scorre formando piccole pozze cristalline tra sassi e grandi rocce ricoperte d’erba e di muschio, i colori sono nitidi anche se il sole non riesce nemmeno a sfiorare il fondo di questa valle. Diamo un’occhiata oltre la griglia, dove la gola diventa stretta e piena di mistero, chissà cosa ci sarà più avanti, verso le Stornade e le Coraiè, quanti salti, quante cavità, quanti catini lavorati in millenni dallo scorrere dell’acqua. All’una guadiamo il torrente, calpestando sulla riva opposta una ghiaia bianca e finissima, risaliamo sul versante opposto aggirando alcuni massi e oltrepassiamo un piccolo spiazzo con un basso edificio in cemento (opere di presa dell’acquedotto). Individuiamo il sentiero che da questa parte è solo una traccia incerta tra l’erba alta e gli arbusti e procediamo con più cautela. Attraversiamo un ruscello e prima di proseguire sulla cengia esposta e erbosa, chi di noi li ha nel sacco indossa i ramponi, per maggior sicurezza.

Andiamo in fila indiana, a volte la cengia corre sotto le pareti di roccia ed è un po’ più larga, ma diversi tratti sono parecchio stretti e talvolta dobbiamo superare qualche alberello schiantato, la presenza degli arbusti alla nostra destra attenua la percezione del vuoto, che però si acuisce quando questi mancano del tutto. Il viaz corre in falsopiano a circa 650 metri di quota, sotto di noi un salto di 150-200 metri: vietato distrarsi, inciampare o scivolare. Ad un certo punto vediamo chiaramente sull’altro versante il percorso di andata, che Giuliano ha battezzato il “Sentiero degli Acquedotti”, la cengia ci sembra così aerea, alta sopra le pareti, ma almeno era dotata di corrimano… Procediamo lentamente, io con un po’ di ansia pensando che il giorno ha le ore corte, spero di non incontrare ostacoli come schianti o frane che ci costringerebbero a tornare indietro. Questi pensieri mettono in secondo piano un problema reale, la presenza di zecche, sordidi animali che, pur non ricambiati, mi amano tantissimo, l’ultima volta dalla Val de le Montareze ne ho portate a casa più di una ventina. Finalmente la valle si allarga e arriviamo alla fine, ora non ci resta che arrivare al Cordevole, scendendo per il sentiero che passa tra erbe alte e radi boschetti di roverelle e altre piante, passando abilmente qualche schianto. Scendiamo, trascurando diverse tracce che si dipartono a destra e a sinistra, fino a incrociare la Via degli Ospizi e tiriamo un sospiro di sollievo, c’è ancora abbastanza luce e ora il percorso non presenta più nessun pericolo. Incontriamo le prime persone della giornata, una coppia che sta percorrendo un tratto della Via. Continuiamo per un pezzo in direzione ovest fiancheggiando il torrente e arriviamo ad altre opere Enel e a un viadotto che supera lo sbocco della Val Fagarè, la condotta fu costruita nel 1951 per deviare le acque del Cordevole fino al Lago del Mis. Superiamo il torrentello che si getta nel Cordevole passando sui sassi, risaliamo una breve frana ghiaiosa (in questo punto il sentiero è stato rovinato e mangiato dall’acqua) e ritroviamo la nostra Via degli Ospizi, ma se pensavamo di proseguire fino alla fine in piano…ci sbagliavamo. Ad un certo punto il percorso abbandona il corso d’acqua e continua in salita, l’ultima per oggi, prosegue in falsopiano fino al bivio incontrato alla mattina e poi scende in Val Montareze. Non ci resta che ripercorrere il primo tratto fatto alla mattina, guadiamo il ruscello e ritorniamo alla bella piana di Salèt. L’ordine del nostro “capo” è fare silenzio, si avvicina l’ora del tramonto e potremmo vedere qualche branco di cervi pascolare nei prati. Infatti eccoli là, un maschio con un grande palco a guardia delle femmine e dei cerbiatti più giovani. Stiamo fermi a debita distanza, ma quando ricominciamo a camminare il piccolo branco se ne va, sparendo tra i cespugli in direzione del Cordevole. Poco più avanti ne vediamo altri, tranquillamente al pascolo vicino ai recinti dei cavalli, anche loro però se ne vanno, lentamente e con circospezione, dirigendosi a monte. Ora sulla stradina non siamo soli, ci sono alcuni adulti e diversi bambini, tutti qui per poter vedere gli animali selvatici, sul percorso ci sono diverse postazioni per l’avvistamento. Proseguiamo per la stradina e arriviamo a San Gottardo, siamo felici per aver avuto un assaggio, se pur il più “facile”, degli itinerari sui selvaggi Monti del Sole. Bravissimi noi!
Note: il conteggio zecche è stato ZERO per tutti, tranne che per il capo gita.
Per gli appassionati di montagna, suggerisco alcuni titoli dei molti libri di Giuliano Dal Mas.
“La Montagna dietro l’Angolo”, “Dolomiti Insolite” (libri 1-2-3), “Schiara Montagna Regina”, “Divagazioni Dolomitiche” e il recentissimo “Viaggio nelle Dolomiti Bellunesi”.
La Via degli Ospizi è un percorso di una ventina di chilometri che parte dalla Certosa di Vedana e arriva alle porte di Agordo, ricalca l’antico, faticoso itinerario che risaliva la destra orografica della Valle del Cordevole, che ora si percorre rapidamente dalla parte opposta per la Statale Agordina. Lungo questo itinerario gli Ospizi della Certosa di Vedana, di San Gottardo, di Candaten (l’unico sull’altra riva), di Agre offrivano ospitalità a pellegrini e viandanti. Dopo Agre la Via, che adesso fa anche parte del Cammino delle Dolomiti, attraversa la Forra dei Castei e termina poco prima di Agordo, alle Miniere di Valle Imperina. E’ un percorso che attraversa forre e ambienti selvaggi in cui bisogna avere senso dell’orientamento e un buon allenamento.
ATTENZIONE: l’itinerario descritto sopra non è segnato CAI e sono assenti indicazioni in loco, tranne alcuni ometti e bolli rossi la cengia è stata recentemente sistemata ma è percorribile a proprio rischio ed è assolutamente indispensabile conoscere questo itinerario per percorrerlo in sicurezza e per fare il giro ad anello che si svolge su tracce e cenge a strapiombo a tratti non assicurate da cavi o corrimano. (Avviso riportato in apertura del racconto)
Autore/i: Paola Marini Gardin
E voi ci siete stati? Mi lasciate un commento qui sotto?
Pubblicato da Salvatore Stringari
© Copyright By Paola Marini Gardin. | La Traccia, Escursioni e Viaggi
E’ talmente bello quello che vedo da te che ammutolisco per rispetto
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No no tu parla esprimi quello che vuoi
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Bellissime rocce e grandi arrampicate Bravi!
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bellissima questa valle…
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