657 Anello dei Fontanèi


Panorama verso la pianura Trevisana © Copyright By Paola Marini Gardin.

Anello dei Fontanèi a Faìs 

di Paola Marini Gardin 

Scheda Tecnica Riassuntiva

Data: 16-12-2021 

Cima: nessuna
Gruppo Montuoso: Prealpi Trevigiane e Bellunesi
Cartina: Tabacco foglio 068 Prealpi Trevigiane e Bellunesi M. Cesen – Col Visentin
Segnavia: cartelli locali
Tipologia sentiero e difficoltà*: Sentiero Escursionistico (E) Sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro – silvo – pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli vicine (nella scala di difficoltà C.A.I. è classificato E – itinerario escursionistico privo di difficoltà tecniche).
**facile lungo le stradine, necessaria traccia GPS su sentiero
Tempi di percorrenza*: 5 ore
Quota di partenza:
658 m.s.l.m 
Quota da raggiungere: 939 m.s.l.m 
Dislivello: m. 281 (m. 566 con i saliscendi) 
Giro: anello 
Punti di appoggio: Borgo Olivi 
Acqua, sorgenti: sì 
Località: Faìs, Longhere (TV) 
Copertura cellulare: parziale 
Parcheggio/i: sì 
Tappe del percorso: Borgo Olivi, Sentiero dei Fontanèi (Casera dal Camp, Pianei, Casera Titòla, Casere Morosa, Col dei Gori, altre casere), strada Longhere-Visentin, Borgo Olivi 
Partecipanti: Silvano, Carmen e l’autrice 

Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.

L’escursione in dettaglio:

sempre alla ricerca di nuovi itinerari, oggi proveremo ad orizzontarci su uno dei trenta percorsi descritti nel libro di Giovanni Carraro “Visentin selvaggio”, che esplora il versante meridionale del gruppo del Visentìn, perlopiù sconosciuto a noi bellunesi. Partiamo da Trichiana, scendiamo per i tornanti del Passo San Boldo e passiamo i paesi sulle sponde dei Laghi di Revine, avevamo in mente di percorrere l’itinerario n. 2 “Da Longhère a Previdàl per il Troi de le Lude”, ma strada facendo lo giudichiamo troppo corto e decidiamo per il terzo, “ l’Anello dei Fontanèi”. Giunti a Longhère lasciamo la strada principale e giriamo a sinistra per salire verso Faìs, che non è un paese ma un insieme di otto storiche borgate, la strada è stata realizzata tra gli anni cinquanta e settanta e arriva fino a Forcella Zoppèi, poco distante dalla cima del Visentìn, prima di allora solo i sentieri collegavano i vari paesini, indipendenti tra loro.

Anello dei Fontanèi a Faìs 

Arriviamo a Borgo Olivi, m. 658, parcheggiamo nello spiazzo vicino all’Osteria da Annibale, facciamo una breve pausa per ammirare il panorama sul Monte Millifret e il Pizzocco. Io distinguo, appena sotto la piatta cima, il Rifugio Città di Vittorio Veneto e lo fotografo con una bella zoomata, poi mettiamo gli scarponi ai piedi e lo zaino in spalla, pronti per andare alla scoperta delle antiche sorgenti. Dal parcheggio prendiamo la traccia che supera la breve scarpata, saliamo tenendo la sinistra per il comodo sentiero delimitato da un muro a secco ricoperto di muschio, ammiriamo la bellezza del manufatto, pensando alle mani che l’hanno costruito. Io tengo a portata di mano il prezioso libro di Giovanni Carraro, che seguiremo come una Bibbia per poter trovare il percorso ad anello, che va in senso antiorario.

sentiero sopra Borgo Olivi © Copyright By Paola Marini Gardin.

La descrizione precisa la potete trovare nel libro, molto ricco di storia, cultura, aneddoti, avvertenze, il tutto collegato alla fitta rete sentieristica che percorre la Val Lapisina dal Lago di Santa Croce a est (Monte Pascolet) fino al Pian de le Fèmene a ovest (Monte Forcella). Io cercherò di raccontare l’avventura a modo mio, riportando le nostre sensazioni, per prima cosa siamo rimasti stupiti dalla bellezza e dalla vastità della zona, uno sviluppo inaspettato di prati, boschi, mulattiere, paesini abbarbicati su questo versante ben più ripido e roccioso di quello che dà sul bellunese, di solito a malapena li notiamo percorrendo l’autostrada che dal Passo del Fadalto solca la Val Lapisina. Attraversiamo un prato con un pioppo enorme per entrare nel bosco (Bosc de Olivi) che poi si dirada, trascuriamo le tracce che vanno verso l’alto e proseguiamo in leggera discesa, passiamo una zona di grandi massi e, come promesso nel libro, incrociamo la sterrata che sale da Longhère- Previdàl Alto. La prendiamo proseguendo verso destra in salita, dopo una decina di minuti individuiamo sempre a destra il roccolo “de Bastian” (in disuso) con accanto un paio di baracche abbandonate, ci sentiamo rincuorati nel trovare i punti salienti descritti da Carraro, andiamo avanti cercando la traccia che scende a sinistra, nel bosco, verso il primo Fontanèl. E’ più facile del previsto, il posto è segnalato da un cartello! Scendiamo di poco sotto la strada e troviamo una piccola costruzione in cemento (non bella, ma protegge la sorgente) con una porticina: nell’anfratto è posta una serie di recipienti che raccolgono, goccia dopo goccia, l’acqua che cade dalla volta rocciosa. Una targhetta riporta: “Fontanel da più di un secolo per quanti avranno rispetto per la natura. Restaurato A.D. 2011 Segat Gianni e Amici”. Oggi può sembrare poca cosa, ma un tempo queste flebili fonti erano importantissime e nulla veniva sprecato. Le rocce del gruppo del Visentìn sono carsiche, non ci sono ruscelli che scorrono lungo i pendii, l’acqua penetra in profondità e sgorga a valle, dove si trovano i laghetti di origine glaciale, era una fortuna trovare in alto anche un minimo rivolo d’acqua, prezioso per la sopravvivenza di uomini e animali. Risaliamo sulla stradina e andiamo avanti fino ad un tornante poco prima di Casera del Camp. Prima di cercare la traccia che ci porterà ai Pianei, saliamo di pochi metri verso la casera, ben restaurata e in bella posizione panoramica sulla pianura, numerose piante di rosmarino decorano un lato della stradina, sono molto rigogliose e non sembrano aver patito i rigori della temperatura, il posto è molto soleggiato. Discendiamo al tornante e siamo incerti, secondo il libro da qui partono due sentieri: uno è la variante che accorcia il percorso, l’altro il proseguo del sentiero principale, che noi vorremmo seguire. Ci incamminiamo sulla traccia più bassa, descritta “sconnessa e poco visibile”, che scende nel bosco, un cartello posto su un albero ci conferma che siamo sul “giro dei fontanèì” e così proseguiamo superando i massi di un valloncello per poi inerpicarci in mezzo al bosco. Andiamo avanti tra rami e grovigli di rovi, aguzzando gli occhi per distinguere la traccia che spesso si perde nella boscaglia, non vediamo bolli rossi o cartelli, sappiamo solo che dobbiamo mantenerci verso ovest, più o meno in costa. Ad un certo punto rinunciamo e torniamo indietro fino al valloncello, ma ci pentiamo e ritentiamo, come nel gioco dell’oca: alla fine superiamo le rovaie e intravediamo nel bosco la Casera dei Pianèi, che raggiungiamo.

Casere Pianei © Copyright By Paola Marini Gardin.

I due edifici rurali sono abbandonati da tempo e ricoperti dall’edera, vicino dovrebbe esserci la fontana con una vasca di pietra, il Fontanèl dei Pianèi, ma per quanto cerchiamo intorno e nella valletta non la troviamo, mistero. Vediamo invece che ci sono due sentieri che arrivano alla casera, uno sotto la nostra traccia e uno sopra, chissà, forse abbiamo sbagliato qualcosa, ma ci siamo arrivati ugualmente. Da qui invece il sentiero è ben marcato e segnato da indicazioni sulla casera e da bolli rossi sulle piante. Andiamo avanti, sempre verso ovest, incontriamo oltre a carpini, betulle, faggi e abeti, alcune maestose piante di castagno dal tronco enorme, siamo in località Le Sielde e un tempo i frutti di questi alberi costituivano “il pane dei poveri”. Risaliamo la costa boscosa che alla nostra sinistra precipita in un vallone e arriviamo alla testata, un cordino ci aiuta a superare un tratto di cengia sdrucciolevole e fangosa, segnata da orme di animali. Un cartello indica la terza sorgente, il “Fontanèl del Faòn”, venti metri sopra il sentiero. Mi arrampico sulla ripida scarpata e arrivo al un piccolo rivolo che sgorga dalla roccia, proprio un “pisàndol”. Proseguiamo sul sentiero in cengia passando dal lato opposto del vallone, superiamo la lapide con dedica “Toni 18-11-1990” e avendo sempre sott’occhio il libro a un piccolo bivio teniamo la sinistra salendo leggermente fino a una bella radura con una casera. E’ veramente un bel posto, ampio e soleggiato, anche se a questa quota, circa 700 metri, la neve attornia la stupenda casera che sembra restaurata di recente, accanto ha il “caserìn del làt” dove si conservavano i prodotti caseari. Sappiamo essere la “Casera Titòla” perché ce lo dice Giovanni Carraro, ma sopra la porta della costruzione il nome storico è stato sostituito da uno di fantasia.

Casera Titòla © Copyright By Paola Marini Gardin.

Ammiriamo il panorama sul Monte Millifret, che sovrasta il Fadalto e la Val Lapisina e decidiamo sia il posto giusto per fare la pausa pranzo, velocemente perché dobbiamo recuperare il tempo perso facendo avanti e indietro tra i rovi dei Pianèi, ci accomodiamo in disparte, su una panca asciutta, per mangiare i nostri panini. Lasciamo la bella casera e proseguiamo a monte calpestando la neve indurita, segnata da molte orme di ungulati, puntiamo al grande ciliegio descritto nella nostra “Bibbia”.
Appena sopra ci troviamo nei prati della località “dei Morosa” passiamo a lato di un’altra costruzione, “Casera Tonon” ben recuperata anche questa e ci immettiamo nella sterrata coperta di neve che ci porta a un gruppo di case, accolti da sonori chicchirichì. Al momento oltre a gallo e galline non c’è nessuno, ma le tante tracce di scarponi sulla neve ci dicono che il pollaio viene rifornito di cibo regolarmente, questo posto doveva essere anche un luogo di ritrovo, passiamo accanto a un ex campo di bocce (sport veneto una volta molto praticato). Un grande campo coltivato (tra la neve ci sono ancora bellissimi cavoli cappucci) affianca la stradina che prosegue verso ovest, continuando su questa arriviamo al Col de Gori (non segnato sulla cartina Tabacco, solo su quella di Carraro). La fermata è obbligatoria, restiamo affascinati dal grande panorama, dal Monte Visentìn al Millifret sormontato dalle cime bianche dell’Alpago, dalla pianura trevigiana che si stende fino al mare, invisibile sotto una coltre di bianche e luminose nebbie, ai vicini versanti collinari costellati da casere in mezzo ai prati. Lasciamo la sterrata, che va a ovest in direzione della vicina strada che parte da Revine e arriva al Pian de le Fèmene e prendiamo a destra il sentiero delimitato da muretti a secco, saliamo diritti nel bosco arrivando al bivio con un’altra stradina, vicino ad una prima casera con grandi piante di faggio. Non ci sono indicazioni, ma stimiamo di trovarci circa a 939 metri, dove il percorso dei Fontanèi lascia la direzione ovest per andare decisamente a nord est e fare un anello.
La sterrata passa vicino a una seconda casera in stile “alpino”, molto diversa da quelle incontrate finora, qui dobbiamo abbandonare la comoda stradina innevata e, seguendo l’indicazione del cartello, prendere a destra la traccia che scende lungo il Valòn del Calvario, il sentierino sconnesso è coperto di neve ghiacciata e lo percorriamo con molta prudenza. In fondo troviamo il Fontanèl del Calvario, un esiguo rivolo che alimenta una piccola pozza circolare, delimitata da sassi. Continuiamo sul sentiero in mezzo al bosco, arrivando ad alcune baracche e qui facciamo l’errore fatale, seguiamo la visibilissima, larga, bella mulattiera e continuiamo su questa, in direzione nord est, arrivando alla strada asfaltata. La seguiamo per un po’ e ci rendiamo conto di essere fuori di una riga di case. Disgraziata me, alle baracche avevo distolto gli occhi dal libro, fin lì seguito parola per parola, ignorando il sentierino che poco prima “scende ripido nel vallone sottostante”. Ci siamo persi i Landri, forse il posto più caratteristico, una grotta naturale che da lontano avevamo intravisto e che volevamo vedere, i Caglieròì (marmitte da erosione) e interrotto il percorso dei Fontanèi sul più bello, dal momento che taglia il pendio a una quota più bassa della nostra. Pensiamo di tornare indietro, ma la traccia che avremmo dovuto seguire è descritta come “non sempre visibile”, ormai è pomeriggio e le ore di luce sono poche, non ci piacerebbe trovarci a ravanare in mezzo ai rovi come al mattino. Se poi ci perdessimo nei boschi… sai che figura, tre bellunesi costretti a chiamare in soccorso i trevisani! A malincuore decidiamo di fare la seconda parte dell’anello dei Fontanèì in una prossima escursione e continuiamo per la lunga strada che collega Longhère al Visentin, scendendo per i tornanti che restano per un bel pezzo in ombra, facendo molta attenzione alla neve e al ghiaccio che ricoprono l’asfalto. In compenso la vista è sempre ampia e bella, vediamo alla nostra sinistra il Visentìn innevato e i colli boscosi che scendono verso i borghi di Faìs, il Monte Pizzocco sul versante opposto della Val Lapisina, in basso il Lago di Negrisiola color verde-turchese e persino il tratto del viadotto dell’autostrada da qui ci appare sinuoso e elegante.

sx borghi di Fais dx Pizzocco © Copyright By Paola Marini Gardin.

Finalmente ad una svolta torniamo al sole, scendiamo ancora lungamente, poi quando ci troviamo circa sopra il punto di partenza, lasciamo la strada e prendiamo un sentiero che taglia diritto e ripido giù per il colle, passiamo vicino a un gruppetto di case e riprendiamo la strada asfaltata a Borgo Menegòn, ancora per un poco al sole. Dopo poco, sempre in discesa, torniamo a Borgo Olivi che è oramai in ombra. Anche se non abbiamo completato il percorso saltando le grotte e gli ultimi fontanèì, siamo felici per quanto abbiamo visto e sentiamo di meritarci una sosta all’Osteria da Annibale (Osteria con cucina, forse l’unica ancora aperta a Faìs). Dopo un buon vin brulé e una deliziosa fetta di torta torniamo all’auto e ci avviamo verso casa, la luna è sorta sopra il Pizzocco, si fa più alta nel cielo ancora chiaro, è con questa ultima visione che lasciamo Faìs ripromettendoci di tornare.

Note : gli otto borghi di Faìs sono: Borgo Collòn, Borgo Menegòn, Croda Rossa, Previdàl Alto, Borgo Olivi, Borgo Trubian, Previdàl Basso, Vizza.
Bibliografia: “Visentin Selvaggio- Escursionismo cultura e tradizione nella Val Lapisina – 30 itinerari tra Revine e Santa Croce del Lago” di Giovanni Carraro, Ediciclo editore.

Autore/i: Paola Marini Gardin
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10 pensieri riguardo “657 Anello dei Fontanèi

  1. Ciao Paola, complimenti per la relazione, ho in programma forse x domenica p.v.l’ anello dei Fontanel , quando faccio i percorsi di Giovanni , quelli non numerati, viaggio con il libro in mano, cerco di non perdermi nulla delle sue descrizioni, lui è fantastico, ma, a dire il vero, lo sei anche tu x come dettagli il percorso. Complimenti ancora e buone escursioni! Maruagrazia

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  2. Ciao Mariagrazia, sono felice che la descrizione ti sia piaciuta, io sono rimasta affascinata dai luoghi descritti nel libro di Giovanni e vorrei tanto completare il giro dei Fontanei, domenica prossima sono occupata, se no ti chiedevo di potermi aggregare al tuo giro. Buone escursioni anche a te! Paola

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