182 Dolomiti, Alta Via 2… Vette Feltrine


Alta Via 2
Busa delle Vette © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

Dolomiti Alta Via 2 Vette Feltrine

di: Salvatore Stringari e Paola Gardin

Scheda Tecnica Riassuntiva 

Data: dal 3 al 5 Settembre 2016

Cima:
Gruppo Montuoso: Vette Feltrine
Cartina: Tabacco foglio 023 Alpi Feltrine Le Vette  Cimonega
Numero sentiero: 801 CAI
Tipologia sentiero e difficoltà: Sentiero Alpinistico: (E.E.) – o sentiero Escursionistico per Esperti (E.E) Sentiero che si sviluppa in zone impervie e con passaggi che richiedono all’escursionista una buona conoscenza della montagna, tecnica di base e un equipaggiamento adeguato. Corrisponde generalmente a un itinerario di traversata nella montagna medio alta e può presentare dei tratti attrezzati.
Quota partenza: 1015 m.s.l.m. Passo Croce d’Aune
Quota raggiunta: 2067 – 1361 Passo Cereda
Dislivello: 1300 circa
Difficoltà: AD
Tempi di percorrenza*: 3 giorni
Giro: Andata
Punti di appoggio: Rifugio Giorgio Dal Piaz m. 1993- Rifugio Boz m.1718- Bivacco Feltre Bodo m 1930- Passo Cereda m. 1361 o paesi di Matiuz-Sagron (agriturismi vari)
Acqua, sorgenti: al Bivacco Feltre – Bodo
Località: Feltre Belluno
Parcheggio/i: Passo Croce d’Aune / Passo Cereda
Partecipanti: autori

Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.

L’escursione in dettaglio:

avevamo interrotto il percorso dell’Alta via 2 al Passo Cereda due anni fa (2014 racconto ancora non scritto) per il maltempo e per motivi familiari di Paola. Un altro tentativo nel settembre 2015 andò a vuoto per una precoce nevicata. Riprendiamo il viaggio nel settembre del 2016, portiamo un’auto al passo Cereda (veramente nel grande parcheggio appena sotto il paesino di Matiuz) e con l’altra ci portiamo al passo Croce d’Aune, questo è il nostro punto di partenza, siamo “reversi” e vogliamo percorrere questo tratto impegnativo al contrario.

Alta Via 2

Sabato 3 settembre alle 17.00 lasciamo il passo Croce d’Aune in direzione del Rifugio Giorgio Dal Piaz 1993 m., che raggiungiamo per ora di cena. Non metto i tempi di percorrenza, il sentiero è piacevole, tutto in salita ma facile e permette di evitare la lunga stradina militare che sale con infiniti tornanti. Il rifugio è molto ospitale e innovativo: schermo con bellissime visioni delle Vette Feltrine, massima disponibilità del gestore per domande e curiosità. Volendo, può organizzare anche un matrimonio in quota, quando siamo arrivati una coppia stava mettendo a punto la cerimonia.  La nostra escursione durerà altri due giorni e ci impegnerà tutta la giornata per ogni tappa… volendo ammirare anche la natura e ascoltare il silenzio della montagna. Viaggiare sì, ma senza tempo, senza l’orologio, semplicemente per arrivare al rifugio successivo… per cena. Lasciamo il Rifugio Giorgio Dal Piaz 1993m., alle 8 del mattino del 4 settembre dopo un abbondante e buona colazione a buffet. Raggiungiamo, poco sopra, il Passo delle Vette Grandi m.1994 dove ci si affaccia su un magnifico panorama, la Busa delle Vette Grandi, verdissima valle con una bella malga e pacifiche mucche al pascolo. Da qui su una mulattiera costruita dagli alpini durante la prima guerra al Passo di Pietena m.2096 (il passo Pietena sulla Tabacco è segnalato diversamente, più a sud, sul monte Pietena), zona protetta piena di rocce con fossili, ma è proibito toccarli.  Scorgiamo piccoli branchi di camosci ovunque, saranno una compagnia costante, guardinga e piacevole durante tutto il giro. Il sentiero percorre in cengia tutto questo versante delle Vette Feltrine e giunge fino alla “Piazza del Diavolo”. Strano luogo, dove pare che un terremoto abbia scosso e fatto rotolare strani e irreali macigni, luogo fiabesco e “diabolico”. Il sentiero poi si affaccia brevemente sulla val Noana, sita 1000 metri più in basso. Proseguiamo sulla costa “Alpe di Ramezza” fino alla sella, m. 2205, sotto l’omonima cima. Bivio in discesa per Vignui, sentiero 803 e possibile digressione fino ad un’enorme caverna, la Giazèra di Ramezza, che conserva neve e ghiaccio vivo, un tempo serviva da ghiacciaia per la Birreria Pedavena. Noi proseguiamo per il nostro sentiero 801 fino sotto il Sasso di Scarnìa dove inizia un tratto alpinistico con salti e strapiombi (anche se qui un bivio lo eviterebbe andando in forte discesa ai piedi del sasso Scarnìa fino alla forcella e poi con una lunga salita al passo Finestra, ma tralasciamo questa possibilità).

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Sasso di Scarnia © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

Iniziamo a risalire un tratto detritico che ci porta verso il monte Zoccaré Alto m. 1929, i panorami sono sempre danteschi e bellissimi e anche se l’attenzione al sentiero non deve mai mancare ci soffermiamo ad ammirare quello che ci circonda. Proseguiamo tra forcelle e numerosi saliscendi tra cui due scalinate scavate nella roccia su una cornice rocciosa con il vuoto da entrambi le parti e seguente “passerella” di roccia sempre nel vuoto, senza nessun tipo di assicurazione (non un cordino di acciaio, un piolo…) se non il passo fermo. Le superiamo contro ogni aspettativa, tanto non serve aver paura, di lì si passa e fine. Bella vista (se si ha il coraggio di girare gli occhi) verso le pale di san Martino a nord, la profonda e selvaggia val Canzoi a est. Arriviamo come Dio vuole al Passo Finestra m. 1766 e ora siamo in prossimità (saliscendi…) del nostro prossimo punto di sosta dove trascorreremo la notte, il Rifugio Bruno Boz. È lungo e interminabile questo tratto di Alta Via, ma di grande fascino ambientale, Civiltà sconosciute e antichissime sembrano aver abitato questi luoghi, ci ricordiamo un prato con un enorme sasso a lancetta di orologio che indica il Sud, strani macigni, libri di pietra, con strati evidenti come immense pagine di un libro, segnati dalle unghiate del Tempo, incisi con drune e alfabeti che ignoriamo. Non mancano gli abitanti selvatici come i camosci, i caprioli, le marmotte, i rapaci, e poi piante e fiori bellissimi. Se ancora esiste l’Om Salvarech, è qui che ha la sua ultima e solitaria dimora. Mentre stiamo raggiungendo il rifugio Boz un temporale minaccia di scatenarsi, acceleriamo il passo e arriviamo senza prenderci l’acqua. Prendiamo possesso del nostro giaciglio per la notte. Poi la cena, il rifugio questa sera è tutto per noi, siamo gli unici che si siano fermati, oltre ai simpatici gestori e al loro affettuoso cane Neva: turisti e personale sono sfollati a valle. Il mattino seguente facciamo anche qui una buona e abbondante colazione, ci attendono almeno 7 ore di cammino e non ci saranno altri punti di appoggio, solo un bivacco e poi nulla fino al passo Cereda. Ci dicono che per raggiungere il Bivacco Walter Bodo ci vogliono due ore e mezza, noi ne impieghiamo una e mezza in più.

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Bivacco © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

È questo il tratto più impegnativo di tutto il sentiero 801. Dal rifugio Boz, (1718 m.) raggiungiamo il passo di Mura a 1867 m. e poi per il sentiero panoramico Troi del Caserin (“sentiero stretto” è la traduzione di Troi, stretto, esposto e in cengia aggiungiamo noi) il bivacco W. Bodo. Impieghiamo 4 ore come detto sopra. Il sentiero passa per posti scoscesi e selvaggi, sotto pareti impressionanti, fino al Col dei Bechi (Bech= maschio della capra o del camoscio) dove scendiamo perdendo quota, circa 200 metri, nessuno la menziona, nessuna relazione parla di questa cosa… comunque il panorama è sempre bellissimo, incontriamo il bivio col sentiero 806 per il “Lago della Stua” in val Canzoi, bellissimo specchio blu cupo che ci accompagnerà per un pezzo. Da qui sarebbe anche possibile attraverso il “Passo dell’Om” raggiungere i magici prati di Erera e i Piani Eterni. Belle le pareti rocciose, “l’Agnelezza” il “Sass de Mur”, con la sua finestra in alto e altre cime. A perdita d’occhio un panorama unico al mondo. Ogni tanto uno sbilenco e malconcio cartello promette il bivacco a mezz’ora… a dieci minuti…volando, forse. Il sentiero passa tra i mughi, poi per piccoli orridi con cascatelle, pozze, salti e gradoni di roccia. Raggiunto il Bivacco, bello e provvisto di acqua, anche se qualche maleducato ha lasciato porta e finestre aperte e le stoviglie sparse nel prato, ci fermiamo un po’ per fare il punto della situazione, adesso la cartina segna il sentiero puntato e non più tratteggiato, quindi vuol dire che da qui le difficoltà aumentano anche se penso “oramai siamo alla fine del nostro viaggio”. Ma ci aspettano il Passo del Comedon e l’Intaiada… Lasciamo a malincuore il Bivacco e il bellissimo “Pian della Regina” nome azzeccato per il bel pascolo di alta quota, fiorito di stelle alpine. Saliamo un canalone scosceso facendo attenzione alle pietre…rotolanti.  Il sentiero è ancora esposto, passiamo ancora una sella prima di arrivare al passo del Comedon quota 2067 m.s.l.m. da qui passavano un tempo i contrabbandieri e quando lo raggiungiamo il sentiero sembra scomparire, ci affacciamo nel vuoto sul versante del passo Cereda. Affrontiamo anche questo tratto scendendo in arrampicata libera  (1° grado secondo me) nessun cordino a darci sicurezza, il vuoto dietro alla schiena.

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passo del Comedon © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

Ma dopo i primi severi 100 m. ora siamo sul canalone detritico, nulla può più farci paura! Possiamo anche guardare con calma il magnifico gruppo dell’Agner davanti a noi e la distesa dei piccoli paesini raggruppati ognuno intorno alla sua chiesa: Matiuz, Sagron, Mis, Gosaldo, Frassenè e tutte le loro minuscole frazioni aggrappate ai ripidi pendii. Seguiamo i numerosi segni rosso-bianchi prima tenendoci sotto la parete poi portandoci a strapiombo sul lato destro e successivamente in centro dove troviamo anche gli unici gradini in legno, un tentativo per trattenere il ghiaione e i sassi. In alcuni punti ci vorrebbe proprio un cordino, ma il gestore del Boz ci ha spiegato che vengono attrezzati a nuovo solo i tratti in cui precedentemente c’era una vecchia assicurazione. Per assicurare nuovi tratti occorre un progetto, domande, permessi, accordi tra i Comuni, geometri…e burocrazia infinita oltre che fondi a disposizione. Amen. Inaspettatamente troviamo anche alcuni gradini in ferro ma non si capisce a cosa servano, sono fuori sentiero… forse il percorso è cambiato con gli anni. Arriviamo sull’Intaiada, sequenza di cenge scavate “intagliate” nella roccia del Sasso Largo. Qui invece sono presenti alcuni tratti attrezzati, brevi ma decisivi, e poi alcuni pioli per scendere l’ultima selletta, adesso siamo fuori è quasi finita! L’’ultimo lungo tratto di sentiero che ci porta a Matiùz è un autostrada nel bosco… raggiungiamo il parcheggio e qui per noi termina il sentiero 801 C.A.I.
Inutile descrivervi la meritatissima birra alla baita-albergo e un buon tagliere di salumi (che ci costa 25 euro comprese le birre ed è meno generoso di quello dei rifugi).

Tutte le foto su Facebook

Autore/i: Salvatore Stringari e Paola Gardin
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Correzione testo di Paola Gardin.
© Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

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