
Anello Casere di Igne
di: Paola Marini Gardin
Scheda Tecnica Riassuntiva
Data: 25-10-2020
Cima: nessuna
Gruppo Montuoso: Dolomiti di Zoldo Bosconero
Cartina: Tabacco foglio 025 Dolomiti di Zoldo Cadorine e Agordine
Segnavia: sentieri vari e CAI 486
Tipologia sentiero e Difficoltà: Sentiero Escursionistico (E) Sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro – silvo – pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli vicine (nella scala di difficoltà C.A.I. è classificato E – itinerario escursionistico privo di difficoltà
Quota partenza: 578 m.s.l.m.
Quota da raggiunta: 1148 m.s.l.m.
Dislivello: m. 570
Tempi di percorrenza: mezza giornata
Giro: anello
Punti di appoggio: casere abitate stagionalmente
Acqua, sorgenti: sì in paese
Località: Igne (Longarone)
Copertura cellulare: sì
Parcheggio/i: sì
Tappe del percorso andata: Igne, Casere Le Gonte, Val Diane, Casere Brustolà, Igne.
Partecipanti: Giuliano, Lucia, Ornella, Roberto, Paola.
Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.
L’escursione in dettaglio
Anello casere e sentieri lastricati di Igne
Sono indecisa nel descrivere questa escursione, facile nel suo complesso ma in cui occorre un buon senso dell’orientamento. Oggi partiamo alla scoperta di un luogo vicino a Belluno, a torto trascurato perché di solito si transita da Longarone per la Valle del Maè (SS 251) per raggiungere Zoldo e da lì il Civetta o il Pelmo. In primavera o in autunno invece, entrambi i versanti della valle che scendono al torrente Maè offrono mete interessanti, percorribili sia a piedi sia in Mountain bike.
Partiamo dal paese di Igne, a pochi chilometri da Longarone, sulla sinistra orografica della valle del Maè. Si può parcheggiare in basso, poco dopo la rotonda, dove ci sono dei cartelli e la segnaletica del sentiero CAI, ma noi saliamo al paese, superiamo le ultime case e parcheggiamo nello spiazzo vicino al campo sportivo. Di fronte al parcheggio imbocchiamo la bella mulattiera che attraversa i prati e i campi, puntando diritta al monte ricoperto di boschi. I colori autunnali risaltano nel contrasto tra il verde di prati e abeti e le infuocate sfumature gialle e rosse di faggi e larici, i muretti a secco sono ornati di muschi e piccole felci, tutto ci riempie gli occhi di bellezza. Saliamo verso est tenendo la destra, non so dire altro, il nostro capo Giuliano ci dice che ogni sentiero che porta in alto è buono, poi incontreremo una forestale che taglia il bosco e andremo a sinistra, verso nord, per fare un anello. La salita quindi è “libera” per i sentieri ottocenteschi dei boscaioli, contornati dai muretti a secco, un vero labirinto in cui solo Giuliano sa districarsi.

Prati ancora verdissimi si aprono nel bosco, ogni prato ha la sua casera, in genere frequentata stagionalmente e ogni casera ha la sua teleferica, i boscaioli e i teleferisti di Igne e di Soffranco, il paese sul versante opposto del Maè, erano famosi e ricercati per il loro ingegno e l’abilità con cui sapevano lavorare nei posti più impervi. Raggiungiamo una casera che ci offre un primo punto panoramico, un bel posto curato, con alberi da frutta e un pergolato di vite. Proseguiamo ancora verso destra, la mulattiera è contornata da alti muretti a secco e a lato ci sono le cataste di tronchetti di legno da ardere, pronti per l’uso invernale.
“Ci viene in mente un motto che prende bonariamente in giro i paesani di Igne, si dice che “Dalla luna si vedono a occhio nudo le Alpi, lo Stivale e le tasse di legne di quelli da Igne!” Ce ne vuole di legna per superare l’inverno in montagna e qui non si prendono certamente indietro.”
Attraversiamo un bel prato, sul pendio verso il bosco vediamo una sequenza di muretti a secco, un tempo ogni pezzetto di questa terra era coltivato fin dove possibile, un solco longitudinale nel terreno, protetto da sponde di pietre, ci fa capire che un tempo qui scorreva l’acqua per irrigare i campi. Ora è secco, lo superiamo passando sopra una solida pietra gettata a mo’ di ponticello e arriviamo a un gruppo di casere in sasso, Casere Le Gonte. Saliamo i gradini in pietra, sembrano abbandonate ma qualcuno coltiva ancora l’orticello fra le ex-abitazioni, ci sono la salvia, il rosmarino e il terreno è già ben zappato. Saliamo trovando una casera ben ristrutturata, dove una coppia è all’opera per gli ultimi lavori autunnali, il camino fuma e ci dà la speranza che questi luoghi non siano mai dimenticati. Poco dopo troviamo un bivio con un crocefisso e imbocchiamo la forestale che in costa ci porta in direzione nord ovest. Camminiamo più speditamente in mezzo al bosco, passiamo Val de Diane una forra boscosa e rocciosa dove, a monte della mulattiera, individuiamo tagliato nella roccia un vecchio percorso, lo raggiungiamo facendoci largo tra la vegetazione e troviamo due vasche di pietra. L’acqua non sgorga più nella roccia, solo un piccolo sgocciolio cade in uno dei manufatti, scalpellati a mano e non più liberati da foglie e marciumi.

Continuiamo a camminare senza fatica, intorno a noi il bosco sfoggia i suoi accesi colori, troviamo lungo strada un posto un po‘ soleggiato e decidiamo di fermarci per il pranzo al sacco, è presto ma il freddo ci invita a ristorarci con un panino e un the caldo…presto sostituito da un buon bicchiere di ottimo vino offerto da Giuliano, generoso anche nel distribuire formaggio e salame. Dopo la sosta proseguiamo in leggera salita sull’altro lato della forra, raggiungiamo un prato, un ex pascolo con un piccolo ricovero di pietra, all’interno è incisa la data 1896. Scendiamo per traccia nel bosco cercando il sentiero “ufficiale” 486 CAI e lo troviamo, è ampio e lastricato con maestria, contornato da muretti a secco, supera dislivelli e asperità del terreno mantenendo la giusta pendenza, grazie alla sapiente posa delle pietre. Non possiamo che ammirare il lavoro degli sconosciuti artefici di questi manufatti. Continuiamo a scendere, troviamo un capitello con Sant’Antonio da Padova, che in qualche epoca deve aver soppiantato il precedente Sant’Antonio Abate, protettore del bestiame, molti di questi capitelli sono posti su entrambi i versanti della valle.

Arriviamo a un nucleo di case, Casere Brustolà se ricordo bene, anche queste con la loro teleferica. Il posto è panoramico, la vista si apre sul paese di Igne fino allo sbocco del Maè nella valle del Piave. Da qui scendiamo per il sentiero CAI 486 in direzione di Igne, arrivando alla rotonda ai piedi del paese. Una breve risalita in mezzo alle case, abbellite da alcuni murales, ci riporta al campo sportivo, felici per questa bella scampagnata.
Termino invitandovi a visitare questi posti lanciandovi alcune esche: sotto il paese di Igne, potete fermarvi su uno spiazzo lungo la statale e affrontare la passerella, alta 125 metri, sopra la vertiginosa forra scavata dal Torrente Maè. Con un balzo collega i due versanti della valle, è stata costruita nel 1973 per ricordare i teleferisti del luogo. Anticamente esisteva un ponte in pietra, distrutto durante l’alluvione del 1966, il Pont de Spigol. Andando di là dalla passerella sospesa, troverete altre stradine da percorrere in bici o a piedi, passando tra boschi, prati e innumerevoli casere. A Igne, durante le festività per il Corpus Domini (giugno) il paese e specialmente la via lungo la quale si svolge la processione, sono ornati da composizioni di fiori e rami, antichi strumenti di lavoro, una scenografia creata minuziosamente dagli abitanti che nel periodo invernale hanno realizzato con la carta migliaia di bellissimi fiori e inventato le ambientazioni. Il percorso si svolge prevalentemente su sentieri e antiche mulattiere non censite e non segnalate dalle cartine topografiche incrociando sentieri CAI.
Autore/i: Paola Marini Gardin
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Pubblicato da Salvatore Stringari
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sotto la foto delle Casere è riportato Casera Le Bigonte, ma sul posto era scritto Le Gonte
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