
Davestra, Le Vare
di: Paola Marini Gardin
Scheda Tecnica Riassuntiva
Data: 22-11-2020
Cima: nessuna
Gruppo Montuoso:
Cartina: Tabacco foglio 021 Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave
Segnavia: CAI 382, strada militare, CAI 397
Tipologia sentiero e difficoltà*: Sentiero Escursionistico (E) Sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro – silvo – pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli vicine (nella scala di difficoltà C.A.I. è classificato E – itinerario escursionistico privo di difficoltà tecniche).
Quota partenza: 482 m.s.l.m
Quota da raggiungere: 757 m.s.l.m
Dislivello: m. 300 sia per il primo che per il secondo sentiero
Tempi di percorrenza*: sei ore comprese le soste
Difficoltà*: primo sentiero ostruito, facile il secondo
Giro: A/R
Punti di appoggio: nessuno
Acqua, sorgenti: in paese
Località: Davestra (Ospitale di Cadore)
Copertura cellulare: sì
Parcheggio/i: sì
Tappe del percorso: Davestra Piccola, sentiero 382 e ritorno + Davestra Piccola, Davestra Grande, strada militare, Le Vare, sentiero 397, Davestra Granda.
Partecipanti: Giuliano, Assunta, Lucia e Neve, Roberto, Paola.
Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.
L’escursione in dettaglio:
Oggi, con pochi amici, sono al seguito di Giuliano Dal Mas per scoprire i sentieri dimenticati sopra Davestra, l’unica frazione di Ospitale di Cadore a trovarsi sulla riva sinistra del Piave, dove d’inverno non batte quasi mai il sole. Siamo in cinque, più la mascotte del gruppo, la cagnolina Neve.
Davestra – Le Vare
Partiamo da Belluno, superiamo Longarone, alcuni chilometri dopo Castellavazzo lasciamo la “nuova” statale 51 di Alemagna appena prima della galleria, prendendo a destra la vecchia sede stradale che costeggiando il Canale del Piave porta a Termine di Cadore. Passiamo il nucleo di case oramai quasi disabitate, proseguiamo per un paio di chilometri, voltiamo ancora a destra sullo strettissimo ponte gettato sul fiume e arriviamo al parcheggio, posto vicino al campo sportivo, sotto il piccolo paese di Davestra, m. 682.
Sono quasi le nove e fa parecchio freddo, i monti d’Oltre Piave sono un baluardo che il sole supererà forse a mezzogiorno: una breve capatina, prima di tramontare. Dal parcheggio andiamo a destra, verso Davestra Piccola, il paese non ha banca, farmacia o ristoranti, ma non voluto negarsi due frazioni, per antica memoria fondate da due famiglie rivali. Tra le case, sempre verso destra, parte il sentiero CAI 382 (ma sulle cartine è segnato 392) per “Pian de le Vache, Casera Copada” e altre mete più lontane. Guadiamo un torrente ora senz’acqua, affluente del Piave, poi camminiamo per un tratto tra due muretti a secco, pieni di muschi e felci.

Presto incomincia la salita, abbastanza erta, un tratto gradinato nella roccia è provvisto di cordino. Saliamo per un pezzo, non conosco la meta, so solo che è in direzione di Casera Copada, siamo sul gelido versante posterno sulla sponda sinistra del Piave e non saremo mai toccati dal sole. La salita non ci priva di qualche bello scorcio sul Piave e sui monti, passiamo sotto una parete rocciosa con un “andre” un antro naturale con una volta poco accentuata, Giuliano e io, curiosi, saliamo a vedere, c’è anche una piccola grotta (opera della Todt, ultimo conflitto mondiale). Proseguiamo nel bosco e arriviamo a un belvedere, solcato da una corta trincea, ne approfittiamo per scattare qualche foto alla valle del Piave che a nord ci appare illuminata, il paese di Davestra invece è ancora ben in ombra. Qui c’è un bivio senza segnaletica, ma basta tener presente che bisogna continuare a salire per il sentiero più alto a destra, scartando quello più basso che va nella stessa direzione. Saliamo ancora e dopo poco cominciano le difficoltà, ci sono diversi alberi abbattuti di traverso al ripido sentiero, dopo aver eroicamente ravanato e scavalcato vari schianti ci rendiamo conto che il sentiero è impercorribile, rinunciamo e torniamo al punto di partenza, come nel gioco dell’oca.

Un bravo capitano ha sempre in tasca l’opzione B, infatti Giuliano da Davestra Piccola ci conduce a sinistra verso Davestra Granda, passiamo rasente la Chiesetta di Sant’Antonio e saliamo tra le case, notando alcune recenti opere di imbrigliamento di un piccolo ruscello. Scambiando due chiacchiere con una simpatica signora veniamo a sapere che durante la tempesta del 2018 quel piccolo rio si era trasformato in un tremendo torrente che l’aveva travolta fuori dalla porta di casa e trascinata per metri. Tra una cosa e l’altra, si son fatte le 11. Passate le case prendiamo il sentiero con cui raggiungiamo la comoda stradina che ci porterà a Le Vare. Per l’andata seguiremo questa stradina militare (indicazione I Ronch) lunga circa tre chilometri e fatta costruire dalla Todt, scartando il più breve ma ripido sentiero che sale sulla destra (segnavia CAI 397 Sorasass, Bivacco e Forcella Pagnac) che percorreremo al ritorno. Portano entrambi a Le Vare, il nostro percorso sarà un po’ più lungo ma comodo, prima scendiamo verso la riva del Piave, al bivio lasciamo alla sinistra la stradina che continua in basso sui prati che costeggiano il fiume e seguiamo l’indicazione “Le Vare”. Saliamo con regolarità e poca pendenza fino a raggiungere, dopo un’ora e mezza, Casera Vare Alte, m. 736. La casera è situata in una radura sullo spallone boscoso che scende verso il paese, un tempo privo di alberi e utilizzato per la fienagione. Proseguiamo per poco in direzione sud, oramai sono le 12.40 e troviamo finalmente “un posto al sole” per il pranzo al sacco, un residuo di antico prato con l’erba secca e asciutta. Il panorama è bellissimo, non credevo che da questa modesta altezza si potesse ammirare “tanta roba” come dice sempre un vecchio amico: Monte Borgà, Zita ma soprattutto le cime turrite del Bosconero, il Sasso di Toanella e perfino il Sassolungo di Cibiana…

Osserviamo il distanziamento obbligatorio e la mascherina quando serve, senza negarci pane, companatico vario e abbondante, vino e bevande, dolci in finis, grazie alla generosità dei miei amici. Dopo la bella pausa proseguiamo sempre verso sud arrivando a un altro bivio in località Prà de la Cesa, provvisto di segnaletica: da questo punto il sentiero 397 che proviene da Davestra Granda sale a est, verso la Forcella e il Bivacco Pagnac, a sud è indicato il sito archeologico di Paluc e il Belvedere, posto su un promontorio a picco sulla profonda incisione di Ga de Raza. Un cartellone illustra il vicino sito di Paluc, un “Villaggio metallurgico altomedioevale disposto su terrazzamenti artificiali a più livelli” che intorno al 1000 d.C. era un importante centro per la lavorazione del ferro. Noi rinunciamo a queste mete (le giornate sono corte…più delle nostre gambe) e prendiamo a destra il sentiero 397 che scende a Davestra Granda. Scendiamo nel bosco passando vicino a degli enormi faggi, il sentiero cala a zig zag e arriviamo alla radura di Pravalan, un tempo pascolo, poi la traccia si incunea in una ripida “luda”, il solco dove una volta scendevano le slitte cariche di legna o fieno. Perdiamo quota rapidamente, notiamo a sinistra il sentiero che proviene da Davestra Piccola, passando sopra alle due frazioni.

Poco dopo incrociamo la stradina di andata, ancora cinque minuti e arriviamo al paese. La nostra escursione per oggi è terminata, sono le 15, raggiungiamo il parcheggio per i saluti di commiato, augurandoci di rivederci presto.
Ho intenzione di tornare, con la bella stagione, a Davestra per raggiungere il Bivacco Pagnac, visitare il sito medioevale e affacciarmi al Belvedere. Ho piantato il solito paletto!
Le mie note (non musicali):
– Val Tovanella, la riserva naturale Val Tovanella è un’area naturale protetta, istituita nel 1971, dominata dal Gruppo del Bosconero e il Sasso di Toanella.
Prende il suo nome dall’omonimo torrente che vi scorre, è ricoperta da pendii boscosi che hanno preso quasi interamente il posto dei pascoli. Vanta la presenza di foreste di conifere, sfruttate in passato dalla Repubblica di Venezia. Vi si accede da Termine di Cadore, dove appare come una stretta e ripida forra in cui inerpicarsi usufruendo di una mulattiera militare, ma sono presenti altri sentieri più impegnativi. Lungo il percorso le radure con le antiche casere (Casera Pescol, Casera Col Fason, Casera Pian dei Buoi) le aie carbonili, gli sbarramenti del corso d’acqua testimoniano le intense attività di un tempo. Ha un grande interesse naturalistico, ma per la sua morfologia tormentata è poco frequentata dagli escursionisti.
Nel 1995 vi è stato il primo avvistamento dell’orso sul versante italiano delle Alpi e sono stati ritrovati i segni della presenza della lince. Una valle per soli intenditori.
– la Statale 51 di Alemagna inizia in provincia di Treviso, a San Vendemiano e termina a Dobbiaco. Era chiamata anche Via Regia, perché percorsa nel Medioevo da alcuni imperatori diretti verso le pianure venete. Era un’importantissima via di comunicazione con la Germania, poi soppiantata dalla rete autostradale di altre regioni. Fu radicalmente rifatta nel 1800 per opera dell’Arciduca Ranieri d’Austria e presumo sia rimasta tale per più di un secolo. E’ tuttora la nostra arteria di collegamento con il Cadore-Comelico, intensamente frequentata dai turisti che formano code inverosimili da Ponte nelle Alpi a Pieve di Cadore e viceversa, con conseguente scatenamento di santi e madonne che il Piave raccoglie e porta pietosamente al mare.
– Ospitale di Cadore è posto a 537 metri sulla destra orografica del Piave, è composto da Ospitale di Sopra, più antico, e Ospitale di Sotto, sviluppato dopo l’inaugurazione della Strada Regia di Alemagna. Deve il suo nome all’Ospizio del secolo XIV che accoglieva i viandanti, lungo la Valle del Piave passava infatti un’antica strada romana di cui si possono ancora individuare alcuni tratti;
-Termine di Cadore, m. 471 sempre sulla destra orografica, segnava il limite del Cadore.
Anticamente era dotato di un fortilizio che presidiava il confine, opposto al forte di Gardona, i cui resti sono ancora visibili nei pressi di Castellavazzo.
Ora è un paese dimenticato.
Autore/i: Paola Marini Gardin
E voi ci siete stati? Mi lasciate un commento qui sotto?
Pubblicato da Salvatore Stringari
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Ho trovato un errore mio ” Scambiando due chiacchiere con una simpatica signora veniamo a sapere che durante la tempesta del 2019 ” la tempesta vaia è del 2018!
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Quest’anno in gennaio siamo saliti al pagnac, sentiero percorribile e ben segnato. Ottimi panorami verso la val bona sfornioli ecc.
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Ciao Francesco, grazie del commento e della visita.
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