
Piz Croce San Tomaso
di: Paola Marini Gardin
Scheda Tecnica Riassuntiva
Data: 22-02-2021
Cima: Piz Croce San Tomaso
Gruppo Montuoso: Marmolada
Cartina: Tabacco foglio 015 Marmolada Pelmo Civetta Moiazza
Segnavia: censito da strutture private
Tipologia sentiero e difficoltà*: Escursionistico in Ambiente Innevato
Quota partenza: 1.082 m.s.l.m
Quota da raggiungere: 1.627 m.s.l.m
Dislivello: m. 720 totali
Tempi di percorrenza*: 5-6 ore / in giornata
Giro: anello parziale
Punti di appoggio: nessuno
Acqua, sorgenti: fontana a Celat
Località: San Tomaso Agordino
Copertura cellulare: sì
Parcheggio/i: sì
Tappe del percorso: Celat, Il Cristo, Le Buse, Zermenesch, Piz Croce e ritorno
Partecipanti: Carmen, Paola Z., Ornella, Mirta e Lulù, Silvano, Roberto e l’autrice.
Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.
L’escursione in dettaglio:
Per questa escursione siamo partiti alla cieca, avevo ricevuto questo suggerimento da un’amica che poi ritroveremo, a sorpresa, lungo il percorso. Nessuno di noi conosceva questa meta e io, avendola proposta, ero veramente incerta, invece si è rivelato un posto bellissimo, non credevo di trovare “tanta roba” (cit. Da Vià) salendo questo cocuzzolo!
Piz Croce San Tomaso
Da Belluno abbiamo preso la statale 203 Agordina, risalendo il corso del Cordevole passiamo Agordo e Cencenighe, dove voltiamo in direzione di Alleghe. Dopo alcuni chilometri raggiungiamo Avoscan e giriamo a sinistra salendo fino a Celat, m. 1082, sede municipale di San Tomaso Agordino, un comune formato da più di una ventina di piccole frazioni, appollaiate sulle pendici del gruppo del Sasso Bianco, tra la Valle del Biois e la Valle del Cordevole. Parcheggiamo nella piazza del paese, accanto alla bellissima chiesa del XII secolo, il sole è sorto da un pezzo, ma deve ancora toccare questo paesino e fa piuttosto freddo, ci fermiamo un attimo per ammirare il panorama, Pale di San Lucano, Civetta, Sasso Bianco, solo quest’ultimo completamente illuminato. Ci incamminiamo in mezzo alle case, salendo per la via a sinistra della Pro Loco, trovando subito le indicazioni per Forcella San Tomaso. Passato un portico sotto un’enorme casa detta “Il Vaticano” per la sua ampiezza, già calpestiamo neve alta e ghiaccio, qui non si scherza: in una minuscola piazzetta vediamo due auto completamente sepolte da una coltre di neve ghiacciata, chissà se le utilizzeranno ancora a primavera! A sinistra una piccola fontana circolare, con al centro una colonna sormontata da un leone, butta abbondante acqua, questo paesino è proprio bello, case caratteristiche, belle decorazioni e murales, ci devo tornare senz’altro.

Passate le ultime abitazioni mettiamo i ramponi, oltrepassiamo i prati dando un ultimo sguardo al paese con i tetti ricoperti di neve (sembra un paesaggio natalizio) e ci addentriamo nel bosco. La stradina sale e seguendo per qualche tornante il percorso tematico “Dolomiti in Miniatura” ci imbattiamo nelle riproduzioni delle Tre Cime, Civetta e Pelmo, quasi invisibili perché la neve le ha trasformate in bianchi panettoni, ma da qui vediamo il Civetta in originale! Arriviamo ad un capitello, località il Cristo m. 1247 e continuiamo a salire nel bosco per la mulattiera innevata fino a raggiungere un bivio, dove prendiamo a sinistra, indicazione “S. Antonio-Le Buse”, a destra la stradina continua per Forcella San Tomaso (altra meta futura, si prosegue verso Canale d’Agordo). Il sentiero si fa più erto, saliamo scavalcando qualche schianto, la neve ricopre ogni cosa e non riusciamo a individuare il sentiero per Le Buse, troviamo diversi bivi senza indicazioni, non sappiamo che fare, la cartina è inutile, questi percorsi non sono segnati. Vado a naso e a una radura mi dirigo verso destra, ho scorto in lontananza un bipede che sale nel bosco: colpo di fortuna, il ragazzo è proprio sul sentiero giusto, al bivio con i cartelli (tutte le indicazioni sono a cura della Pro Loco) che indicano “Costa Dagher” nella nostra direzione e “Zervenesch”, la tappa successiva, diritto: siamo arrivati, per puro culo, in località le Buse, m. 1350. Posso chiamare la mia compagnia e continuiamo a salire fino a giungere ai prati innevati dove sorgono le baite di Zervenesch, m. 1503. Il luogo è pittoresco, in bella posizione assolata e panoramica, ci fermiamo per fare alcune foto, i tetti delle casere sono sormontati da un buon metro e mezzo di neve compatta, chissà quanta ne deve essere caduta a suo tempo!

Strada facendo abbiamo incontrato anche Marilena, l’amica che mi aveva suggerito l’escursione, con altri compagni e insieme faremo il resto del percorso fino alla cima. Proseguiamo passando un’altra radura innevata con alcune baite fino a raggiungere l’ultima, più in alto, “Baita al Canto” dove su un abete vicino troviamo l’indicazione “Piz Croce” che ci indirizza su un sentiero che sale nel bosco, con qualche zig zag. Sbuchiamo fuori dalla fitta abetaia e ci troviamo su un prato coperto di neve, in vista della nostra meta, ci aspetta l’ultima salita, una ripida bianca piramide che spicca nitida contro il cielo azzurro. La neve non è più dura e compatta, il sole la sta sciogliendo, questo centinaio di metri su sentiero serpentino sono i più faticosi, ma finalmente tocchiamo la cima del cocuzzolo e la croce.

Eccoci qui, Piz Croce San Tomaso, metri 1627, altezza modesta e vista grandiosa: da est verso sud Civetta, Monte Pelsa, Agnèr, Pale di San Lucano, verso ovest Cima Pape, Pale di San Martino, Focobon, proseguendo verso nord Cima Uomo e Cime D’Auta, Marmolada, Cime di Pezza, Piz Zorlet, Sasso Bianco, a est sopra i Piani di Pezzè forse sbucano le vette di Antelao e Pelmo…e nuovamente la mole del Civetta…distolgo lo sguardo dalle cime e in basso vedo il panorama non meno meraviglioso del Lago di Alleghe e dei paesini arroccati alle pendici del Sasso Bianco. Ci si potrebbe saziare di questa vista a 360 gradi, ma lo stomaco brontola e facciamo una breve sosta-panino ai piedi della croce di vetta, scaldati dal sole. Dopo la pausa bisogna scendere, è un vero peccato, ma questo è il destino umano, le cose belle durano poco e ce le dobbiamo portare nel cuore. Scendiamo dalla piccola cima e ci rituffiamo nel bosco, sotto un grande abete troviamo due sedie di legno, la cosa ci pare curiosa e facciamo alcune foto seduti sulle seggiole, in effetti nella tabella ho sbagliato dicendo che non ci sono punti di appoggio, ecco ce ne sono ben due su cui appoggiare le stanche membra…

Torniamo alle baite di Zervenesch, qui l’intenzione era di fare un anello prendendo a destra, arrivare a Forcella San Tomaso e poi scendere a Celat, invece proseguiamo distrattamente a sinistra per la stradina di andata fino al bivio di Le Buse. Qui però non ricalchiamo le nostre orme del mattino andando a destra verso Costa Dagher, ma continuiamo a scendere per la stradina innevata che gradatamente cala nel bosco, si raccorda con il sentiero tematico delle Dolomiti in Miniatura, ci riporta al capitello in località il Cristo e poi al punto di partenza. Fine dell’escursione, facciamo un ultimo giro per il paese, Vaticano, Pro Loco, Planetario…il motto dipinto sotto una meridiana ci ricorda che ”L’è pì temp che vita, pì dì che luganeghe” (c’è più il tempo che vita e più giorni che salami) e sì, concordiamo, un po’ mestamente. Prima di risalire in auto visito la bella chiesa e il campo santo che la circonda, qui non è passato Napoleone e i morti riposano accanto alle abitazioni dei vivi, sul poggio più bello, rivolto al sole del mattino e alle cime della Civetta.
Note:
Chiesa di Celat, San Tomaso Agordino “I primi documenti che citano la chiesa di San Tommaso Apostolo sono datati 1361 e riguardano la riconciliazione di detta chiesa da parte di Francesco, vescovo Masticense. La chiesa fu nuovamente consacrata nel 1437. Nel 1748 fu ristrutturata ed ampliata. Al suo interno si trovano alcune pregevoli tele settecentesche di Angelo Cimador e gli affreschi più recenti di Arturo Favaro, artista di Mogliano Veneto che li realizzò nell’abside della chiesa nel 1948. Alcuni anni fa, inoltre, sono stati scoperti altri affreschi durante i restauri delle pareti interne. Importante è il prezioso organo a trasmissione meccanica costruito nel 1802 da Gaetano Callido, uno dei migliori organari veneti del suo tempo. La prima domenica di settembre, si ricorda la posa della prima pietra della chiesa, con la tradizionale sagra paesana.” Tratto da Wikipedia
Il “Vaticano” è un’antica abitazione che stupisce per la sua grandezza, tanto che i locali l’hanno chiamata come la basilica di Roma. E’ stata costruita nel 1707 e, come era uso in molti paesi, ospitava più nuclei familiari: ogni volta che un figlio formava una nuova famiglia, la casa veniva allargata, adesso le chiamiamo condomini o case a schiera, però non vi abitano più consanguinei, ma famiglie estranee fra loro.
Il Planetario di Celat è stato realizzato dall’amministrazione comunale e da altri enti pubblici, gode di una posizione eccezionale e non ha inquinamento luminoso. In provincia dei Belluno ce ne sono solo altri due, a Feltre e a Cortina d’Ampezzo. “All’interno della struttura è installata una cupola in alluminio di 4 metri di diametro, sulla quale è possibile riprodurre il cielo stellato con 2400 stelle, il sole, la luna ed i pianeti del sistema solare. Vengono inoltre visualizzati l’orizzonte artificiale, i punti cardinali luminosi, le fasi di alba e tramonto, la via lattea. Tramite un proiettore dedicato è possibile simulare l’esplosione di una supernova con la formazione di una nebulosa, la nascita di una stella ed inoltre le fasi di un’eclissi lunare o solare. Sotto la cupola trovano posto 25 persone….Tratto da Wikipedia, cercatevi il resto o prenotate una visita!
Zip- line, Teleferica di San Tomaso, a Celat non si fanno mancare nulla, esiste una teleferica che attualmente è la più alta delle Dolomiti. La zip-line ha lunghezza totale di 1600 metri, la velocità massima è di 80 km/h, supera un dislivello di 260 m, nel punto più alto ci si trova a di 175 metri e si percorre in circa 40 elettrizzanti minuti.
Devo ancora provarla, ma non mancherò, spero che mi vada meglio della mie avventure passate, alla guida dei cani da slitta sono volata tutte e due le volte, acciaccandomi la spalla sinistra, col parapendio ho solo vomitato anche l’anima sulla conca alpagota.
Autore/i: Paola Marini Gardin
E voi ci siete stati? Mi lasciate un commento qui sotto?
Pubblicato da Salvatore Stringari
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Come sempre leggendoti mi hai fatto sognare di essere in mezzo a luoghi bellissimi, grazie!!!!
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grazie Salvatore, le foto prossimamente?
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si Paola Per le foto mi ci Vuole tempo negli ultimi 150 credo post non sono riuscito a inserirle provvedo prima possibile Grazie
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Sempre posti favolosi !
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Grazie Alessia, anche i tuoi piatti sono favolosi!
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