290 i Masi di Arsiera


Masi Arsiera
Masi Arsiera © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

ai Masi di Arsiera

di: Salvatore Stringari e Paola Marini Gardin

Scheda Tecnica Riassuntiva

Data: 27-01-2018

Cima: nessuna
Gruppo Montuoso: Dolomiti di Zoldo
Cartina: Tabacco foglio  025 Dolomiti di Zoldo Cadorine e Agordine
Segnavia: forestali, privati,
Tipologia sentiero e difficoltà*: mulattiere e sentieri scarsamente segnalati,
non censiti dal C.A.I sentiero per Escursionisti esperti
E.E. (segnaletica scarsa)
Quota partenza: 1122 m. s.l.m.
Quota da raggiungere: 1310 m. s.l.m.
Dislivello: m. 188 
Tempi di percorrenza*: due ore in giornata
Giro: Anello (oppure A/R)
Punti di appoggio: nessuno
Acqua, sorgenti:
Località: Fornesighe, Cornigian
Copertura cellulare:
Parcheggio/i: sì a lato strada inizio della forestale
Partecipanti: Autori

Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino, capacità di orientamento.

L’escursione in dettaglio:

l’itinerario che abbiamo scelto per oggi è storico-culturale; ricordare l’antico legame della Val di Zoldo con l’attività estrattiva e metallurgica dei secoli scorsi.

Una piacevole strada forestale risale per un breve tratto il torrente Cervegnàna e consente di raggiungere il “villaggio” disabitato di Arsìera, il cui nome è legato alle miniere di ferro e galena.
I masi che abbiamo raggiunto oramai sono abbandonati, una volta venivano usati per la sopravvivenza di una o più famiglie.

ai Masi di Arsiera

Da Belluno ci dirigiamo verso Longarone per prendere a sinistra la statale che risale la profonda forra del torrente Maè, strada piena di curve e contro curve che ci porta nella magnifica Valle di Zoldo. Raggiungiamo Fornesighe e poco fuori dall’abitato, passato il ponte sul Cervegnàna, proprio sul tornante riusciamo a parcheggiare l’auto nel modesto spazio, in località “de le Palanche“ dove un divieto e una stanga vietano l’accesso ai veicoli alla stradina forestale che risale il torrente. Nel “parcheggio” (1122 m. s.l.m.) è presente un cartellone con notizie storiche sulla Val Inferna e sul villaggio di Arsiera. Iniziamo la nostra escursione indossando le ciaspole e ci incamminiamo per la forestale innevata. Fa piuttosto freddo, la forra nel tratto iniziale è stretta e non ci batte sicuramente il sole. Risaliamo il corso del torrente in direzione nord-est, e più avanti, nelle vicinanze di un Tabià e prima di un ponticello la strada si biforca. Un cartello indica “Arsiera”, a sinistra con salita “comoda” a destra “ripida”. Naturalmente prendiamo a destra, contando di riservare la discesa più tranquilla per il rientro, ma raggiunti due Tabià abbandonati nei pressi del greto del ruscello il sentiero sparisce, ci sono diverse tracce dietro ai masi, ma si perdono nel bosco. L’istinto ci suggerisce che il sentiero potrebbe continuare al di là del torrente e Salvatore prova a ispezionare, ma non trova nessun segno per cui ritorniamo sui nostri passi e al bivio prendiamo a destra la direzione “comoda”, la strada forestale si restringe e poi si biforca ancora una volta, anche qui nessun cartello, segnale, bollino… A naso andiamo a destra, maledicendo questi Zoldani avari anche di un po’ di vernice da schiaffare sui tronchi. Subito dopo la stradina diventa un sentiero che sale leggermente nel bosco, verso nordest. Finalmente troviamo un piccolo cartello con scritto “Arsiera” che ci consola e presto sbuchiamo sui prati appena sopra il piccolo borgo. Il paesino veramente non è mai stato considerato” Paese” ma “Maso” ed ha antiche origini contadine, i documenti lo fanno risalire al 1300 col nome di Larsera, ma non è escluso fosse presente anche prima di tale data.

Masi Arsiera
Masi Arsiera © Copyright By Salvatore Stringari | La Traccia, Escursioni e Viaggi

E’ ben esposto al sole, per niente “arso” ma ricco di corsi d’acqua per cui si potevano coltivare ortaggi e antichi cereali, orzo, frumento, segala e piantare alberi da frutto. Era noto anche per le vicine Miniere, in Val Inferna, di galena e blenda, il cui imbocco è situato poco a monte dell’abitato. Arsìera è stata abitata fino alla metà del Novecento, quando l’ultimo residente ha abbandonato il suo maso. Ci aggiriamo con un po’ di tristezza fra le varie costruzioni in legno, alcune riportano inciso sullo stipite della porta l’anno di costruzione e il nome del proprietario e possiamo fantasticare sulla vita e sui mestieri che qui dovevano svolgersi. Diversi Tabià sono stati rabberciati, alcuni stanno per cedere sotto il peso degli anni e delle intemperie come i vetusti ciliegi che sopravvivono a stento, pieni di muschi e licheni. Sopra il “paese” troviamo un’altra indicazione “Miniere di Valle Inferna” e ringalluzziti seguiamo per un tratto il sentiero che poi come al solito si perde biforcandosi senza alcuna indicazione se non il cartello di un mattacchione che indica “Salerno Reggio Calabria Km 1200”. Accidenti, e sì che in teoria da qui si dovrebbe risalire la Val Inferna (un nome, un programma) e raggiungere la forcella che collega il Monte Rite al Col Dur dando la possibilità di altri bellissimi itinerari. Per il ritorno scegliamo il sentiero (cartello “le Fratte strada provinciale 347”) che scende nel bosco in direzione sud e ritorniamo a livello del torrente in corrispondenza dei due Tabià presso i quali avevamo fatto dietro-front stamattina. Guadiamo il torrente e torniamo per l’oramai conosciuta stradina, guadagnando in poco tempo il punto di partenza. Segnaliamo la scarsa segnaletica, se non si conosce la valle c’è il pericolo di perdersi perché alcuni sentieri sono stati fagocitati dalla vegetazione e traggono in inganno. Serve un buon orientamento e l’uso delle cartine topografiche. Raggiunta l’auto scendiamo verso Fornesighe ma ad un bivio, trovando l’indicazione “Zoppè di Cadore”, decidiamo di salire a vedere questo paese isolato, nella valle del torrente Rutorto, che avevamo scorto dalla cima del Monte Punta in una delle nostre passate escursioni. Ci aveva colpito il fatto che l’unico collegamento col resto del mondo fosse l’ardita strada che parte da Forno di Zoldo e qui termina. La strada sale a tornanti e ad un certo punto ci regala una vista spettacolare del monte Pelmo, la foto è d’obbligo per Salvatore! Il paese è molto grazioso con la sua chiesa dal campanile aguzzo che si staglia nel cielo oggi azzurrissimo e le belle case disposte lungamente lungo la strada. Ci promettiamo di ritornare in Valle Inferna per terminare il giro e a Zoppe con la bella stagione anche per visitare il piccolo museo.

col termine “Maso” in Zoldano “Màs” si intende “ un podere, un fondo rustico isolato con un fienile e una stalla che doveva dare da vivere ad una famiglia”.
Zoppe è il comune meno esteso, meno popolato ma più elevato della provincia di Belluno, infatti si trova a 1461 m.s.l.m. e pare abbia avuto origine intorno al V secolo quando gli abitanti della Valle del Boite, per scampare all’invasione degli Unni, cercarono rifugio in alto, presso il Colle di Fies, praticamente ai piedi del Monte Pelmo.

Autore/i: Salvatore Stringari e Paola Marini Gardin
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Correzione testo di Paola Marini Gardin.
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