Data: 18-01-2011
di Salvatore Stringari e Paola Marini Gardin,
Monte Pizzoc
oggi decidiamo di dare un’occhiata al Pizzoc. non lo conosciamo e vogliamo andare anche se c’è neve. Facciamo una veloce e fruttuosa ricerca su internet e troviamo una via d’accesso facile, attraverso i boschi del Cansiglio. Cartina 012 della Tabacco alla mano e zaini in spalla. Avevamo previsto di trovare neve. Era caduta pochi giorni prima. Per questo ci siamo portati le ciaspole e abbiamo Sasha che fa da cane anti valanga. Da Belluno, seguiamo la statale di sinistra Piave. Proseguiamo per Ponte nelle Alpi. Poi ci dirigiamo verso Farra d’Alpago. Seguiamo indicazioni in loco per Tambre e Cansiglio (targa marrone).

Val di Nogher, Campon, Pian Osteria. La piana del Cansiglio è tutta innevata. Poco prima del passo della Crosetta troviamo l’indicazione per il monte Pizzoc. Tentiamo di percorre un tratto di strada in auto, ma la neve sul manto stradale ferma la potente Peugeot. Dobbiamo arrenderci, non prima di esserci impantanati. Facciamo un po’ di fatica per tirarci fuori dalla neve. Torniamo indietro e parcheggiamo l’auto subito dopo un ponte sulla strada principale.
Scheda Tecnica Riassuntiva
Monte Pizzoc
Cima: Pizzoc
Gruppo Montuoso: Col Nudo – Cavallo
Cartina: Tabacco foglio 012 Alpago Cansiglio Piancavallo Valcellina
Segnavia: strada forestale
Tipologia sentiero e difficoltà:* Sentiero Escursionistico in Ambiente innevato EAI (strada
Quota partenza: 1136 m.s.l.m
Quota da raggiungere: 1565 m.s.l.m
Dislivello: m. 429
Tempi di percorrenza:* in giornata
Giro: A/R
Acqua, sorgenti: no
Località: Ponte Val Cappella 1136 m
Punti di appoggio: in stagione Rifugio Città di Vittorio Veneto 1547 m.s.l.m
Copertura cellulare: sì
Parcheggio/i: sì a lato strada
Tappe del percorso: Ponte Cappella Strada del Pizzoc Cima Pizzoc e ritorno per lo stesso itinerario
Partecipanti: Paola e Salvatore, Sasha coraggiosa cagnolina
Nota: * I tempi di percorrenza e le difficoltà dipendono dalla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica. Bisogna considerare la conoscenza dell’ambiente alpino e delle tecniche di progressione. Anche il movimento in ambiente alpino e la capacità di orientamento sono importanti.
L’escursione in dettaglio:
Monte Pizzoc
Ciaspole ai piedi ripartiamo decisi a raggiungere il Pizzoc è tardi ma la voglia è tanta. Incontriamo anche alcuni ciclisti che ottimisti come noi pensavano di poter salire in alto. Percorriamo la strada e man-mano che ci alziamo di quota le neve aumenta di spessore. Ci inoltriamo in un bosco di faggi monumentali molto belli.

Il silenzio in questa fantastica foresta è di cornice al rumore delle nostre ciaspole. La strada è lunga. In alcuni punti, dove vediamo sulla cartina che fa ampie svolte, ci inventiamo delle scorciatoie. Camminiamo in mezzo al bosco facendoci la traccia nella neve fresca. Dopo circa due ore di piacevole salita, il silenzio è quasi assoluto. Solo il fruscio delle ciaspole e il ticchettio di qualche picchio e altri volatili lo interrompe. Usciamo dal bosco. Piano piano davanti a noi si apre il panorama. Si estende sulla piana del Cansiglio con boschi a perdita d’occhio, prati e casere in lontananza. Le montagne dell’Alpago fanno da cornice.

A questo punto credevamo di aver raggiunto la nostra meta. Davanti a noi si presentano alcune casere. Una costruzione più grande assomigliava a un rifugio. Lo raggiungiamo ma ci accorgiamo che la nostra meta è un po’… più in alto!! La strada continua con dei zig-zag. Decidiamo di tagliare diritti su per una collinetta. Ci apriamo ancora una volta la via di salita in mezzo alla neve fresca. La neve è bellissima, il cielo di un azzurro indescrivibile … altri dossi si presentano davanti a noi.

Proseguiamo ora sulla strada. Dopo una mezz’ora circa, raggiungiamo altre casere. Una è la “baita Edelweiss,” aperta e abbandonata. Altre sono casette per ripetitori. Vediamo sul profilo del monte le antenne del Visentin. Ci sembrano vicine, come se potessimo toccarle con un dito. Ma tra noi e il Visentin c’è una valle è il Fadalto… La nostra cima per fortuna è poco distante: scorgiamo la croce di vetta e questo ci conforta molto. Sono le 16 quando raggiungiamo la vetta piatta del monte Pizzoc dove un volta c’era una postazione militare. La cima sembra una grande piazza d’armi. Da qui la vista spazia a 360 gradi sulle Dolomiti Bellunesi. Si estende sulle Prealpi, sui monti dell’Alpago e la pianura Veneta. Se verso sud-ovest fosse limpido come verso nord, potremmo vedere fino alle Alpi Carniche, fino al mare …

La giornata è stupenda, il sole non riscalda molto ma è confortevole. 50 metri sotto la cima si vede il rifugio città di Vittorio Veneto. Non lo raggiungiamo perché nell’escursione precedente il gestore del ristoro a santa Augusta ci aveva detto che era chiuso. Era chiuso per restauri. Anche oggi mangiamo al sacco. Abbiamo frutta secca e un panino diviso in due. Lo dividiamo in tre con Sasha. Abbiamo anche la cioccolata e le pendole. Il sole sta tramontando. Facciamo il giro dello spiazzo per guardare un’ultima volta il panorama. Poi ci avviamo per far rientro a Belluno con dispiacere. Scendiamo lungo la stessa via di salita. Prendiamo anche le scorciatoie. Questa volta siamo in un’atmosfera resa magica dal buio. Siamo sotto un cielo stellato, nel silenzio della foresta.
Io, Paola e Sasha raggiungiamo finalmente l’auto. Siamo stanchi ma appagati dalla bella escursione. Per la meritata birra ci fermiamo in Val di Nogher all’Albergo Ristorante “Vecchio forno”. Stiamo discutendo su cosa fare a cena una volta a casa. Poi guardiamo l’ora. È già ora di cena. Chiediamo al barista che cosa propone la cucina per questa sera. Un menu molto vario con prodotti del posto. Decidiamo di fermarci tutti e tre. Io scelgo tagliatelle al ragù di cervo. Paola opta per pennette ricotta e speck. Prendiamo del buon vino rosso e un po’ d’acqua. Il secondo di polenta e capriolo con verdure cotte per contorno ci trova concordi. Sasha assaggia un po’ di tutto, vino a parte, e gradisce il menù. Troviamo la cena ottima e consigliamo a chi passi per l’Alpago questa tappa gastronomica; Il Vecchio Forno
Autore/i: Salvatore Stringari e Paola Gardin
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