675 Cascata del Salton


la forra vista da San Donato © Copyright By Paola Marini Gardin.

Cascata del Saltòn (1° parte) 

di Paola Marini Gardin 

Scheda Tecnica Riassuntiva 

Data: 10-02-2022 

Cima: nessuna 
Gruppo Montuoso: Alpi Feltrine 
Cartina: Tabacco foglio 023 Alpi Feltrine Le Vette – Cimonega 
Segnavia: segnaletica locale, la cartina Tabacco non segna sentieri 
Tipologia sentiero e difficoltà: Sentiero Escursionistico Attrezzato, (E.E.) Sentiero con infissi (funi  corrimano e brevi scale) che però non snaturano la continuità del percorso EE – itinerario per Escursionisti Esperti.
Tempi di percorrenza: h. 1,45 (solo andata) 5/6 ore 
Quota partenza: 885 m.s.l.m. 
Quota da raggiungere: 597m.s.l.m 
Dislivello: 518 m. (saliscendi) 
Giro: anello parziale 
Punti di appoggio: San Donato 
Acqua, sorgenti: sì portare acqua 
Località: San Donato (Lamon, BL) 
Copertura cellulare: sì parziale 
Parcheggio/i: sì a San Donato, lato strada o presso il cortile delle ex Scuole 
Tappe del percorso: in mattinata San Donato, Crosere, sentiero non segnato, Molin de Sora, Pian, Molin de Sot, Boal Santo, Cascata del Salton (h. 1,45), Grotta dell’Acqua Nera, ritorno al Boal Santo, Molin de Sot, stradina segnata verso Pian, Crosere, San Donato (h.1,15). Nel pomeriggio da San Donato in Val Nuvola e ritorno (h.2,45).
Partecipanti: Paola e quattro amici. 

Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento. 

L’escursione in dettaglio:

Oggi giornata intensa, con un gruppetto di amici scopro in un colpo solo la Cascata del Saltòn, la Grotta dell’Acqua Nera e la Val Nuvola, tutti luoghi fantastici siti nel territorio di Lamon. Ho diviso il racconto in tre parti, questa è la prima parte, dal paese di San Donato alla Cascata del Salton (h. 1,45). Descriverò in seguito su questo blog la seconda parte, dal Salton alla Grotta dell’Acqua Nera con ritorno al paese (h. 1,15) e la terza da San Donato in val Nuvola e ritorno (h.2,45). Per l’intero percorso, calcolare 5/6 ore. 

Cascata del Saltòn (1° parte) 

parto da Belluno, supero Feltre e vado in direzione di Lamon, al Ponte della Serra trovo ad attendermi i miei amici che provengono da Valdobbiadene, insieme saliamo alla frazione di San Donato di Lamon, in bella posizione sotto la mole del Monte Coppolo. Alle 8.45 il paese è ancora in ombra, ma il sole arriverà presto e lo scalderà fino a sera, per ora illumina le tre cime del Coppolo e i boschi sovrastanti le case più alte. Parcheggiamo poco prima del centro del paese, nel cortile davanti alle ex Scuole. Scendiamo al crocevia dove ci sono alcuni cartelloni che illustrano le molte bellezze del luogo, tra cui la Cascata del Salton, la nostra prima meta mattutina. Ci avviamo in discesa per la strada asfaltata che porta alla vicina località Crosere, dopo poco prendiamo una scorciatoia sulla destra che ci permette di avere una prima visione della forra dove scenderemo, profondamente incuneata nella Val Senaiga. Da una parte e dall’altra dei versanti (destra orografica trentina, sinistra lamonese) vediamo piccoli borghi abbarbicati sui piani sovrastanti le rocce a strapiombo. Raggiungiamo Crosere, un bel gruppo di case abitate solo nella buona stagione, accanto alla fontana troviamo dei cartelli molto invitanti che indicano nella stessa direzione: “Grotta dell’Acqua Nera”, “Grotta Bus de la Bela”, “Necropoli Romana” e “Cascata al Salton”. Il percorso “ufficiale” scende per comoda stradina sterrata, ma noi siamo in vena di esplorazioni e imbocchiamo il sentiero a lato, dove poco dopo troviamo un tipico “altariol” con crocefisso. Proseguiamo per qualche decina di metri passando vicino ad alcune case abbandonate e poi lasciamo anche il sentiero (che riporterebbe sulla stradina) per scendere a destra su traccia non segnata che cala ripida nella forra boscosa. La traccia finisce su una stradina sterrata in prossimità di un crocefisso di legno (protetto come l’altro da un tettuccio conico di metallo) che ci porta alle case di Molin de Sora, una grande macina incastrata in un muretto di sostegno testimonia l’antica funzione delle costruzioni, su un portone d’ingresso si legge la data 1758. Non sappiamo come facessero gli abitanti di allora a portare l’acqua a questo mulino posto su un ripido pendio che ci pare distante dalle sorgenti, ma qualche ingegnoso sistema l’avranno escogitato. 

La Chiesetta di Piai © Copyright By Paola Marini Gardin.

L’acqua del Senaiga e dei suoi affluenti alimentava numerosi mulini, gran parte dei quali furono costretti a chiudere nel 1886 con l’aumento della tassa sul macinato. Dopo l’ammissione alla Repubblica di Venezia nel 1886 le condizioni economiche delle popolazioni di queste terre peggiorarono per l’imposizione di tasse insostenibili e per l’obbligo, per gli uomini, della leva militare. Cominciò quindi l’emigrazione verso le Americhe e l’Australia, che spopolò il territorio. Scendiamo per il prato, fiorito di bucaneve, raggiungendo stavolta la stradina-sentiero ufficiale che seguiamo sempre in discesa fino alle abitazioni di Pian. Il borgo, un tempo abitato da molte famiglie, sorge in un fazzoletto di terra a strapiombo sulla valle dove scorre il torrente Senaiga. Il posto è molto bello, panoramico e di grande tranquillità, la struttura delle case è stata conservata integralmente, l’abitazione vicino alla fontana è priva di camino, il fumo del focolare usciva dalla parte superiore della porta, che era divisa in due, per mangiare la famiglia doveva uscire sulle scale esterne! Chissà quante storie avrebbero da raccontare queste pietre. Ci incuriosisce un’abitazione particolare, le pareti sono zeppe di scritte, oggetti strani, arnesi di lavoro, legni intagliati, civette… Una delle mie amiche che è già stata qui, dice che ci vive un unico abitante, un personaggio eccentrico, una specie di artista –eremita – giardiniere, sicuramente amante della solitudine. Oggi è assente, quando mi avvicino un poco alla casa per fare una foto scatta una sirena (sistema di allarme artigianale) probabilmente l’uomo è stato infastidito da persone irrispettose, lo si capisce dal tenore di alcuni cartelli. Che tristezza, una persona che vuol solo vivere a modo suo deve difendersi da gente ignorante che si diverte nel farne oggetto di derisione e vandalismi. Davanti alle case, su un piccolissimo poggio sorge una chiesetta, dietro al piccolo edificio sacro…le pareti rocciose strapiombano nella gola. L’inaugurazione della chiesetta, avvenuta nel 1935, fu funestata da due eventi luttuosi: una bambina proveniente dal paese di Roa annegò nell’attraversare il torrente Senaiga, nel pomeriggio al rientro alla Roa una ragazza perì allo stesso modo. 

la passerella sul Boal Santo © Copyright By Paola Marini Gardin.

Lasciamo Pian e scendiamo al vicino piccolo borgo di Molin de Sot, dove la stradina finisce. Una delle tre case è stata restaurata con cura e amore per i particolari, anche qui una macina è stata inglobata nella pavimentazione, altre mole più piccole adibite ad altri usi. Particolare che ci sorprende, un gazebo di legno con tavolo e panche è messo a disposizione degli escursionisti, lo specifica un avviso di benvenuto in inglese e italiano, pregando gli utilizzatori di servirsene con rispetto e educazione. Il padrone di casa deve essere un’ottima persona, c’è anche un quaderno per le firme dei visitatori dove lasciamo una frase di gratitudine e ammirazione. Ci sorprende l’armonia delle costruzioni, ma anche l’inserimento nei muri di pietre lavorate, sproporzionate rispetto alle caratteristiche rurali delle case, la spiegazione è in un cartello: il materiale è stato prelevato dalla vicina fortezza di Castel Furlan, eretto a difesa della Via Claudia Augusta, abbandonato nel IV secolo d.C. e completamente distrutto nel 1510.

ultima parte del sentiero © Copyright By Paola Marini Gardin.

A lato delle case imbocchiamo il sentiero che scende ripido nel Boal Santo, un canalone scavato dall’acqua che forma una serie di cascate, ora la portata è poca cosa, ma un tempo forniva energia a tre mulini e ad una segheria, una vera benedizione e per questo era detto “santo”. Attraversiamo il burrone su una passerella di ferro in pendenza, per chi soffre di vertigini può fare impressione, ma è protetta dal corrimano su ambo i lati. Passato il ponte sospeso continuiamo a scendere per sentiero protetto da un cordino, due rampe di scale con gradini di ferro, agevolano il passaggio nei pressi di una centralina (dell’anno 2005) e ci depositano in fondo alla forra, davanti alla seconda passerella. Il ponticello che supera il Senaiga è sicuro, ha la struttura di metallo e tavole di legno, l’avviso che si legge ancora “Questo ponte che serviva per il collegamento con la centralina del Salton costruito nel 1940, è molto malmesso. Attraversatelo con precauzione…” riguarda il precario manufatto precedente. Una volta sull’altra sponda, un piccolo cartello ci invita a risalire il corso del torrente: iniziamo la parte più bella della nostra escursione, immersi in un ambiente da favola. Il sole illumina le bianche pareti dall’altra parte della forra, ma arriva appena a lambirne il fondo e il lato dove ci troviamo, luce e ombra si alternano giocando tra gli alberi del bosco, coperti fino ai rami più alti da uno spesso strato di muschio. Siamo incantati. Seguendo il corso d’acqua giungiamo alla terza passerella, il “Pont de le Rode”, anche questo rimesso a nuovo e dedicato a due giovanissimi dipendenti del gruppo rocciatori di Fonzaso, morti in due incidenti.

Cascata del Salton © Copyright By Paola Marini Gardin.

Prendiamo il sentiero che sale ripido nel bosco e all’incrocio lasciamo a destra il sentiero per la Grotta dell’Acqua Nera che visiteremo al ritorno, continuando sulla sinistra verso il Salton. La traccia corre sotto alte pareti rocciose, tratto che percorriamo velocemente per scongiurare il pericolo di caduta sassi (sconsigliato in periodi di piogge o disgelo) e finalmente arriviamo al salto di trenta metri della Cascata. Che bellezza, non ci sono parole, è valsa la pena arrivare fin qui. Per raggiungere il fondo dobbiamo calarci giù per una paretina, un corda agevola la discesa, ma non ci fidiamo troppo (non è un cordino di sicurezza) meglio usare mani e piedi. Il luogo ha un grande fascino, l’acqua piomba dall’alto delle rocce, vortica nelle marmitte e poi si quieta incanalandosi nella gola, tra massi levigati e sponde muschiose.
Sull’altro lato del torrente vediamo i resti della centralina costruita nel 1944 dalla comunità di San Donato, superando enormi difficoltà, allo scopo di portare l’elettricità nelle case del paese e delle frazioni. Nel 1945 l’elettricità raggiunse Val Nuvola, nel ‘51 Costa e Pavana, frazione di Castel Tesino. Le difficoltà di gestione erano enormi, l’esperienza terminò alla fine degli anni 50. Vorremmo raggiungere questa testimonianza di coraggio e intraprendenza, ma il primo di noi che tenta l’attraversata sui sassi scivolosi fa un mezzo bagno fuori stagione. Rinunciamo. Dopo aver scattato decine di foto torniamo sui nostri passi fino al bivio per la Grotta dell’Acqua Nera, che raggiungiamo in pochi minuti. Se avete avuto pazienza fin qui, seguitemi ancora e ve la descriverò nel prossimo articolo.

Nota: descrizioni e informazioni storiche dei luoghi sono state riprese dalla cartellonistica presente lungo il percorso e dalle mie ricerche.

ATTENZIONE le Cascate, le Forre, i Canyon, sono strettamente legati alle condizioni meteorologiche, in prossimità di un peggioramento meteorologico, il pericolo aumenta drasticamente l’attenzione va posta principalmente ad un alluvione improvvisa, innalzamento del livello di acqua nella gola o nella forra o canyon con il pericolo di rotolamento dei sassi sia quelli posti sopra la testa che nel torrente o dalla Cascata.

Autore/i: Paola Marini Gardin
E voi ci siete stati? Mi lasciate un commento qui sotto?
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8 pensieri riguardo “675 Cascata del Salton

  1. Bella e chiara la descrizione, ci sono stata oggi con la famiglia un po’ per caso ma partendo dalla strada del passo del Broccon. Casualmente abbiamo visto un cartello con freccia lungo la strada che indicava “Salton 40 minuti”. E siamo scesi…ma non è stata una grande idea anche se il sentiero era bello e piacevole. Infatti si arriva in fondo alla cascata proprio alla centralina nominata nella descrizione senza poter vedere in nessun modo il salto della cascata. Sarebbe utilissimo un semplice ponte per passare dall’altro lato del fiume e vedere quello spettacolo che ci siamo persi ma che vedremo magari una prossima volta partendo da San Donato. Grazie delle informazioni.

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