384 anello delle Casere di Ospitale.


le Casere di Ospitale © Copyright By Salvatore Stringari

Anello delle Casere di Ospitale

di Salvatore Stringari e Paola Marini Gardin

Scheda Tecnica Riassuntiva 

Data: 09-12-2018 

Cima: nessuna
Gruppo Montuoso: Dolomiti Cadorine
Cartina: Tabacco foglio 025 Dolomiti di Zoldo , Cadorine e Agordine
Segnavia: C.A.I 488, 481
Tipologia sentiero e difficoltà: Mulattiera, Sentiero Escursionistico (E) Sentiero privo di difficoltà tecniche che corrisponde in gran parte a mulattiere realizzate per scopi agro – silvo – pastorali, militari o a sentieri di accesso a rifugi o di collegamento fra valli vicine (nella scala di difficoltà C.A.I. è classificato E – itinerario escursionistico privo di difficoltà tecniche).
Tempi di percorrenza: 5 ore, in giornata
Quota partenza: 800 m.s.l.m.
Quota da raggiungere: 1308 m.s.l.m.
Dislivello: m. 500
Giro: Anello
Punti di appoggio: le casere descritte
Acqua, sorgenti: no, portare acqua (solo in stagione alle casere)
Località: Festin Ospitale di Cadore
Copertura cellulare: no
Parcheggio/i: pochi posti a Festin
Partecipanti: autori

Nota: * i tempi di percorrenza e le difficoltà sono in base alla propria preparazione psico-fisica e tecnico pratica, conoscenza del ambiente alpino, di progressione, movimento in ambiente alpino capacità di orientamento.

L’escursione in dettaglio:

“Par le Casere de Ospedàl”, (per le Casere di Ospitale) un itinerario naturalistico ad anello che tocca alcune casere sopra Ospitale di Cadore, ci era stato proposto più volte da parte di amici, ma per una ragione o per l’altra non abbiamo mai potuto andarci. Oggi ci pare la volta giusta, la giornata dicembrina dovrebbe essere bella, il dislivello è poco e partendo verso le 8 dovremmo terminare il giro entro le 14 ancora con il sole, evitando al ritorno le code sull’Alemagna.

Casere di Ospitale in Cadore

partiamo da Belluno, superiamo Longarone e arriviamo a Ospitale, dal centro del paese prendiamo a destra la stradina asfaltata che sale fino in località Festin. Purtroppo lungo tutto il percorso vediamo i danni provocati dal tornado del 29 ottobre scorso, in molte zone le piante, soprattutto gli abeti, sono stati abbattuti dalla forza del vento e giacciono tagliati e accatastati alla meglio. La strada comunque è stata liberata e arriviamo a Festin, 800 metri di quota, dove lasciamo l’auto in un piccolo spiazzo. Un cartellone indica chiaramente il percorso da seguire suggerendo un giro orario: prima Casera Val Bona, poi Casera Girolda e infine Casera Prà di Bosco e ritorno a Festin, noi che siamo “reversi” intendiamo procedere in senso antiorario. La temperatura è di 2 gradi, siamo un po’ in ritardo sulla nostra tabella di marcia, sono le 8.50 quando partiamo imboccando a destra la forestale sentiero n. 488 che alterna tratti asfaltati a tratti sterrati. La salita è ripida, in mezzo al bosco, ma a volte ci concede un po’ di respiro e possiamo guardare la Valle del Piave sotto di noi e le montagne d’Oltre Piave, il sole deve ancora sorgere oscurato dalla mole del Monte Borgà. La stradina finisce a quota 1300 circa, gli ultimi metri sono sbarrati da alcuni grossi abeti schiantati che scavalchiamo, siamo arrivati alla prima tappa in circa un’ora (la tabella indicava h. 1.45).

le Casere di Ospitale © Copyright By Salvatore Stringari

Casera Prà di Bosco, m. 1307 s.l.m., è posta ai bordi di una bella radura, un tempo, come spiega un pannello esplicativo, il pascolo era molto più ampio e qui pascolavano vacche da latte e manze. Attiguo alla casera c’è un altro piccolo edificio, il “Casel del Lat” dove si conservavano i prodotti freschi, latte e formaggio. In questa e nelle altre casere è consentito entrare e usare, si spera con rispetto, cucina economica, tavoli e panche, ma non pernottare. Davanti ai due rustici, separata da una “lama” cioè da una pozza di acqua per abbeverare il bestiame, c’è una bassa e lunga stalla, accanto si trova l’indicazione per la seconda casera. La mulattiera 488 prosegue verso sinistra, in direzione Sud-Ovest, all’inizio dobbiamo fare diverse deviazioni per superare gli alberi di traverso dopo il percorso diventa più agevole, anche se troviamo diverse altre piante abbattute. Il sole è sorto verso le 10 e la temperatura si è fatta più mite, il sentiero corre in costa, in leggera salita, mai oltre i 1400 metri, lungo il fianco del monte esposto verso sud, sopra la Valle del Piave. Siamo spesso in mezzo al bosco, ma, dove la mulattiera passa per tratti più sassosi la vegetazione è più rada e ci permette di guardare verso la Palaza, il Borgà, il Sass de Mezzodì e il Citta, forse prossime mete! Superiamo un punto panoramico, purtroppo il pannello è stato abbattuto come i pini silvestri nelle vicinanze e svoltiamo verso nord inoltrandoci nei boschi di abeti e faggi della Val Girolda. Man mano che procediamo, ci appare come su un palcoscenico la magnifica visione del gruppo del Bosconero: Sasso di Bosconero, Torre di Campestrin e Sfornioi. Rapiti da tanta bellezza, avanziamo senza fatica, a un certo punto vediamo su un albero un mazzo di fiori finti e più in basso una croce azzurra, uno scritto ricorda che qui ha trovato la morte un ragazzo, non troviamo una spiegazione alla tragedia, il sentiero non presenta difficoltà, ma la sorte è sempre in agguato.

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Ora il sentiero scende e in breve raggiungiamo Casera Girolda, m. 1308 s.l.m., dal camino esce fumo, infatti vi troviamo un gruppo di cacciatori di Ospitale che oltre a perseguire uno “sport” che non condividiamo, almeno contribuisce a risistemare i sentieri e a prendersi cura del bel rustico e della radura che lo attornia. Anche qui è presente il “Casel del Lat” la stalla invece è crollata. Facciamo una breve sosta, confortati dal fatto che siamo ben dentro i nostri tempi, anche perché sopraggiungono quattro escursionisti tra cui un amico, Eugenio, che insieme alla moglie gestisce “I Boschi del Castagno” a Valmorel. Giungono dalla parte opposta alla nostra e ci scambiamo qualche informazione sullo stato dei sentieri. Alle 11 riprendiamo il cammino, attraversiamo la valletta prativa, un ponticello in legno e saliamo nel bosco, il dislivello è di poche decine di metri poi continuiamo quasi in piano. Nel bosco troviamo due “Iàl” (altrove detti Aial) i luoghi dove, con un duro lavoro, si produceva il carbone: restano pochi ruderi, segnalati da cartelli, ma oramai sapremmo riconoscere questi spiazzi circolari dal colore nero del terreno anche senza indicazioni. Scendiamo piacevolmente (dislivello circa 100 m.) e passata una stretta valle ingombra di grandi massi il sentiero s’innesta in una strada sterrata che seguiamo fino a una curva dove un ometto indica la scorciatoia per l’ultima tappa. Nel frattempo il tempo è cambiato, le imponenti torri rocciose del Bosconero sono scomparse nelle nuvole e sorpresa, dal cielo cominciano a scendere minuti fiocchi di neve.

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Ci affrettiamo verso la vicinissima Casera Valbona, m. 1241 s.l.m., ricordandoci delle parole di uno dei cacciatori incontrati: indicandoci il Sasso Lungo di Cibiana notava con mestizia come nonostante fossimo già a dicembre, la neve non lo ricoprisse. Vuoi vedere che General Inverno l’ha sentito e lo vuole esaudire. I rustici sono tre: la casera, il solito piccolo Casèl e la stalla aperta. Ci rifugiamo all’interno del rustico principale, la neve comincia a scendere fitta, sembra parmigiano grattugiato e in breve ricopre i prati. Sono le 12 e facciamo una sosta di mezz’ora rifocillandoci col nostro pranzo a sacco. Giunge a ripararsi una coppia di escursionisti anche loro stupiti dell’improvvisa nevicata, li salutiamo e ci prepariamo alla discesa, sul sentiero con il segnavia 483, e indossiamo le mantelline. La neve fresca ha reso la strada, già alquanto erta e per di più cementata per un bel tratto (il che non aiuta l’equilibrio) molto scivolosa e uno di noi a caso fa un grandioso scivolone atterrando sul proprio didietro, convincendosi ad indossare i ramponcini. Com’era arrivata, all’improvviso la nevicata termina e il sole torna ad illuminare i monti.  Togliamo mantelle e finimenti e continuiamo a scendere lungo la Val Bona, il torrente rumoreggia sul fondo, le alte pareti torreggiano da un lato all’altro della valle. Giungiamo all’auto alle 13.30 e ritorniamo verso casa percorrendo un tratto della vecchia statale, passiamo per Davestra, sulla riva sinistra del Piave, un paese, a torto, trascurato dai nostri programmi escursionistici. Troviamo alcuni cartelli che illustrano l’antica storia preromana del paese e propongono un paio d’interessanti percorsi che aggiungiamo subito alla nostra lista.

Continuiamo per Termine di Cadore, paese dalle case di sasso che ci appare triste e dimenticato e poi raggiungiamo casa non senza una sosta alla gelateria “La Delizia” per finire degnamente la bella giornata.

Autore/i: Salvatore Stringari e Paola Gardin
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